Attualità
Il rischio che tutto diventi un processo mediatico
La tragedia di una bidella di Sestu, in provincia di Cagliari
Roberto Bertoni | 9 maggio 2018

Era una ex bidella di sessantaquattro anni, residente a Sestu, una cittadina in provincia di Cagliari, la donna che si è tolta la vita in quanto non ha retto alla notifica che precede il rinvio a giudizio per un'accusa vieppiù infamante: atti di pedofilia ai danni di una bambina di quattro anni

La signora in questione lavorava presso una scuola materna e per quarant'anni aveva svolto al meglio il proprio dovere, al punto che nessuno, fra coloro che la conoscevano, riesce a credere davvero alla sua colpevolezza. La bambina avrebbe raccontato ai genitori di aver subito degli abusi dopo che la bidella l'aveva accompagnata in bagno e questi l'hanno denunciata. Da lì è iniziato il suo calvario, lunedì sera il tragico epilogo. 

Non sappiamo come stiano le cose, se la signora in questione fosse colpevole o innocente né quanto sia attendibile la testimonianza di una bambina di quell'età. Dal canto nostro, non puntiamo il dito né assolviamo nessuno, non giudichiamo e basta, in quanto non spetta a noi svolgere questo mestiere e ormai, purtroppo, neanche più ai giudici. 

Ciò che posso qui riportate è un episodio di cui sono stato testimone e, al tempo stesso, protagonista durante gli anni delle elementari, quando con i miei compagni, suggestionandoci l'uno con l'altro e montando gli eventi a dismisura, scrivemmo dei temi contro una maestra appena arrivata in cui la accusavamo di ogni nefandezza: veri e propri reati cui, per fortuna, chi di dovere si rifiutò di credere, inducendoci a riflettere sull'uso corretto delle parole e sulla loro pericolosità. 

Ora, non pretendiamo che una bambina di quattro anni sappia già che le parole possono essere pietre o, per miglio dire, armi. Non pretendiamo che abbia il senso della misura e che si renda conto della gravità delle proprie accuse e dei danni che esse possono arrecare a chi le riceve. Da lei non lo pretendiamo ma dai suoi genitori sì: quanto si sono interrogati prima di rivolgersi alle forze dell'ordine? Quanto hanno approfondito la vicenda? 

Ribadisdo: non conosciamo tutti i particolari di questo dramma, quindi non possiamo star qui ad addossare colpe né scagliarci contro chicchessia. L'auspicio è che venga fatta piena luce su quanto è accaduto e che, anche se dovesse essere riconosciuta colpevole, si abbia comunque pietà e rispetto nei confronti di una donna che ha preferito togliersi la vita pur di non veder infangato il proprio onore. 

L'aspetto su cui vale, invece, la pena riflettere è quanto la dittatura mediatica attualmente egemone, con i suoi talk show urlati, i suoi studi televisivi trasformati in arene e la sua violenza costantemente esibita con orgoglio, influisca quotidianamente sulle nostre vite e sulle nostre decisioni. Quanti danni ha arrecato la cultura del sospetto? Quanto male ha fatto la sfiducia nei confronti di chicchessia? Quanto si è rivelata disastrosa la distruzione sistematica della scuola e dei suoi pilastri? E quanto c'entra, in questa come in mille altre vicende, la spasmodica volontà collettiva di apparire, di conquistarsi un quarto d'ora di notorietà, di finire sotto i riflettori, in pasto ad un sistema disumano che tutto stritola e tutto e tutti divora?

Ripeto: se chi di dovere avesse creduto ai deliri dei ragazzini fessi che eravamo allora, la maestra cui devo di più in assoluto, colei che mi ha trasmesso la passione per la storia e un metodo di studio cui devo buona parte delle mie conoscenze, l'insegnante che non finirò mai di ringraziare e che in quei giorni si sentì male leggendo le nostre accuse, probabilmente sarebbe finita in galera. Per fortuna, erano altri tempi: una stagione non poi così remota, diciannove anni fa, in cui ancora, tuttavia, si contava fino a dieci prima di rovinare la vita di una persona perbene. 

La stagione dei social e della comunicazione istantanea, al contrario, vuole sempre qualche martire da sacrificare sull'altare del populismo e del consenso facile, in una spirale di violenza fai da te che non fa altro che generare nuovo odio. Se poi la vittima di turno era innocente, pazienza: basta scorrere lo schermo dello smartphone e passare al post successivo. 

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