Attualità
Giovani e dipendenze
Azzardi pericolosi
Il gioco d’azzardo online è una pratica sempre più diffusa, complice anche l’utilizzo degli smartphone. E un ragazzo su sei ha già provato prima dei quattordici anni
Chiara Falcone | 22 ottobre 2014
La musica e i colori. La fiche di benvenuto, non perdi nulla. Le carte sono servite, coppia d’assi.
Sale l’adrenalina. A tavola un tre, un sette e un asso. ALL IN. Vinci. Facile. Tutto in 3 minuti. E ti viene voglia di rifarlo, subito. Chi, leggendo queste righe, non si è immedesimato nella situazione? Vi sarà capitato
almeno una volta di aver giocato al Texas Holdem on line, o al poker normale, o a qualsiasi gioco promette facili vincite affidandosi alla fortuna.
Secondo una recente ricerca dell’Istituto di pediatria, il 17% dei ragazzi (percentuale che si abbassa al 13%
se si considerano anche le ragazze) dichiara di aver frequentato questi siti e di aver giocato “a soldi” (una o
più volte), da solo o insieme ad amici. «Questo dipende dal fatto che su internet il divieto di accesso ai minori di 18 anni è facilmente aggirabile – spiega Maurizio Tucci, tra i curatori della ricerca – Anzi in alcuni casi il divieto costituisce addirittura un incentivo per i ragazzi». Molti di questi siti, infatti, non chiedono subito gli estremi del documento d’identità o di uno strumento di pagamento, ma consentono agli utenti di provare il gioco con delle fiches di benvenuto.
Questo fa sì che chiunque, facilmente e inizialmente a costo zero, possa provare.
Il gioco d’azzardo online prolifera già da anni, ma la vera notizia è che con la diffusione sempre più massiccia di smartphone l’utilizzo da parte di tutti e in qualunque momento è effettivamente aumentato.
L’Unione europea è recentemente intervenuta sul tema con linee guida della Commissione, tra cui: “vietare ai
minori il gioco d’azzardo online; creare sistemi di monitoraggio del comportamento dei giocatori e di assistenza costante in caso di atteggiamenti problematici; avere più trasparenza e responsabilità su pubblicità e sponsorizzazioni”. Gli Stati membri avranno un anno e mezzo per notificare alla Commissione le azioni fatte secondo queste linee guida.
Ma nel frattempo le sale gioco virtuali proliferano e tra le app si contano 30 giochi d’azzardo in più al giorno: ci racconta Simone Feder, portavoce del Movimento No Slot: «Se andate nell’app store dell’iPhone e digitate la parola “slot” compaiono 11mila app. Se cercate le parole “slot” e “bambini” ne escono già 31. È un disastro: e se si vanno a vedere le caratteristiche tecniche, sembra proprio un gioco costruito apposta per ragazzini di 4-8 anni». Secondo Feder, molti dei games che si spacciano come educazione al gioco responsabile,
non sono altro che specchietti per le allodole che ottengono solo l’effetto di invogliare ancora di più e
pubblicizzare il proprio brand.
Ma l’aspetto più preoccupante è la modalità di utilizzo delle app: molte di queste, infatti, prevedono come metodo di pagamento l’addebito su conto telefonico. Dato che in molti casi gli smartphone in mano ai ragazzi sono intestati ai genitori, giocare diventa davvero semplicissimo e senza la richiesta di ulteriori dati.
Commenta Tucci: «Naturalmente non si può parlare di dipendenza a questo livello, ma è certo che il venire a
contatto in giovane età con ambienti di questo genere indubbiamente può facilitare comportamenti a rischio da adulti».
Il punto non è dunque demonizzare il gioco - se si fa una partita poker in compagnia non si è certo dei giocatori d’azzardo - ma la facilità con cui si possono spendere soldi e la stessa percezione della spesa, che con il meccanismo del conto telefonico diminuisce drasticamente.
«Questa del gambling (dipendenza da gioco online) è una vera e propria morfina sociale: si sta diffondendo
in maniera pervasiva la cultura dell’azzardo scevra dal concetto di rischio, il che è assurdo», avverte Feder. Secondo un’indagine che ha svolto il Movimento No Slot fra i ragazzi delle scuole superiori, è risultato
che al liceo scientifico quasi un ragazzo su due scommette abitualmente almeno una volta a settimana. Continua
Feder: «Il problema non è l’azzardo in sé, ma quanto tempo si pensa alla scommessa. È l’anticamera di un comportamento a rischio. Noi organizziamo incontri di sensibilizzazione nelle scuole e più di una volta mi è capitato di incontrare ragazzi che si autodefiniscono malati d’azzardo. Non possiamo permettere questo alla lobby del gioco online».
Ma come intervenire? A livello istituzionale, sicuramente con delle leggi più severe: ancora oggi per i gestori
di sale giochi tradizionali aprire un’attività è molto semplice e poche sono le accortezze da rispettare.
Solo a Milano se ne contano 2200. «Credo che in Italia manchi proprio la volontà politica di combattere questa cultura. Il problema è che spesso lo Stato fa cassa con questi soldi, e noi nel PIL contiamo anche i proventi di queste attività. Se non si modifica la mentalità alla base, ben poco cambierà», conclude Feder.
E in famiglia? «Bisogna creare delle consapevolezze ai ragazzi – consiglia Tucci – Non è mai prematuro: bisogna
far capire che il rischio c’è. E rassicurarli sempre: è necessario che sappiano che se sono in difficoltà possono rivolgersi ad un adulto da cui troveranno non rappresaglia, ma sostegno».
E quando navighiamo con il nostro smartphone, e ci viene voglia di provare una nuova app che ci regala 10 euro di fiches, pensiamo che con l’Italia in piena crisi economica il mercato del poker online è salito del 63% e quello delle scommesse del 15%. Pensiamo che c’è chi si arricchisce molto, a costo zero, sui nostri vizi. E allora scegliamo solo giochi che non prevedono la perdita di denaro: a un bluff astuto rispondiamo con uno scacco matto.
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