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Scuole aperte anche d'estate
Scuole aperte anche d'estate
L’ultima proposta-scandalo del ministro Giannini infiamma ragazzi e professori. E se anche il principio è condivisibile, continua ad esserci troppa distanza fra il ministero e la realtà delle scuole
Ilenia Vitale | 30 giugno 2016

Arriva in giorni di acceso confronto sulle sorti della scuola italiana l’ultima proposta del Governo. Si chiamerebbe “Scuola al Centro” il presunto piano di rilancio delle periferie italiane proposto dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Prevedendo l’apertura delle scuole pubbliche anche nei mesi estivi, avrebbe l’intento, forse pretenzioso e irreale, di risollevare le sorti degli hinterland italiani e sottrarre così i ragazzi alla strada, l’alternativa alla scuola nei mesi di riposo. In un’intervista all’Avvenire, il ministro ha, infatti, dichiarato la volontà di sanare le periferie del Paese. Ha inoltre espresso la necessità di impedire che si trasformino in tante “Caivano d’Italia”, sfruttando con amara antonomasia il nome del comune campano dove si è consumata la drammatica e nauseante vicenda della piccola Fortuna Loffredo. Illustrando il progetto, il ministro ha parlato di cinque aree metropolitane: Roma, Napoli, Milano, Palermo e Bari, nelle quali le scuole rimarrebbero aperte dal 15 giugno fino alla metà di settembre, avviando attività, però, ben diverse da quelle curricolari. Si tratterebbe di laboratori dove apprendere l’autoimprenditorialità, dove avvicinarsi alla lettura e alla musica, dove fare esperienza di studi artistici e teatrali e praticare attività sportiva; il tutto mirato alla conoscenza e alla valorizzazione del proprio territorio. Per quanto il progetto interessi tutto il Paese, sembra inevitabile, dopo gli episodi di Caivano, che l’attenzione sia rivolta soprattutto all’area di Napoli: “Abbiamo già destinato 4 milioni e 100mila euro a 275 istituti partenopei - dice il ministro - Il bando, pubblicato sul sito www.areearischio.it, permetterà agli istituti che accoglieranno l’iniziativa di presentare le proprie candidature, per poi cominciare le attività, disponendo di un finanziamento pari a 15mila euro. L’investimento complessivo, con mio decreto, ammonta a 10 milioni di euro in 541 istituti italiani”.

Tuttavia, a molti insegnanti, ai dipendenti della pubblica istruzione e a chi la scuola italiana la vive (per primi gli studenti) questa proposta sembra al contrario l’ennesimo sconsolante progetto di un Governo sempre più lontano dalla realtà effettuale dell’Italia. Appena pubblicata sui giornali, infatti, la notizia ha suscitato immediate polemiche. «La Scuola non è un asilo, né una ludoteca, né tantomeno un circolo ricreativo o di recupero estivo. È il luogo dello studio, della crescita e delle pari opportunità. Chi ha pensato una proposta simile, è chiaro che non conosce le scuole italiane. Non sa che mancano in senso concreto delle attrezzature: primi tra tutti, dei sistemi di climatizzazione, necessari a fronteggiare il caldo dei mesi estivi», dicono molti. 

Sembra quindi sempre di più che il Governo chieda alla scuola italiana di farsi carico di ogni responsabilità sociale, superando la funzione essenziale di formazione educativo-culturale per cui nasce ed esiste. Inoltre, la proposta “Scuola al centro” sembra dimentica del fatto che i ragazzi, quelli che vorrebbe o pretenderebbe di sottrarre alla strada, sono gli stessi che la scuola non la frequentano neanche d’inverno. Le cause di questi problemi sono tutte sociali, problemi che forse la Scuola non ha il compito  e il dovere di risolvere e in cui lo Stato dovrebbe intervenire in ben altra misura. Le Caivano d’Italia, d’altronde, esistono da sempre e di certo non ne sono responsabili le scuole che chiudono d’estate.

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