Attualità
Per capire il presente, ci vuole buona memoria
Il Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e delle Libertà di Torino ci regala spunti per interpretare l’attualità promuovendo la conoscenza di un momento cruciale della storia, dando voce innanzitutto ai testimoni di
Redazione | 27 marzo 2017

Il museo sviluppa molti progetti con i ragazzi delle scuole sulla memoria. Che valore ha oggi la memoria?

Sempre più lontani nel tempo e nello spazio dalle vicende che hanno caratterizzato i grandi movimenti del Secolo scorso, i giovani hanno bisogno di riscoprire e far proprio il valore della memoria come elemento fondante di un processo di formazione volto all’analisi critica del presente che si trovano a vivere. Così, ogni cultura, ogni realtà e ogni persona che abbia un ruolo o voglia esser parte del processo di trasmissione della memoria, cerca di proporre dei mezzi che attraversino il tempo e ne tramandino la memoria storica non solo attraverso la storiografia, ma soprattutto attraverso la narrazione di fatti e persone che quella Storia l’hanno vissuta da protagonisti. Il Museo si propone quindi come tramite e supporto di questo processo, cercando di colmare il vuoto che la scomparsa degli ultimi testimoni rende così assordante accogliendone l’eredità e facendosene portavoce.

 

Tra i progetti del museo spiccano sicuramente le Pietre d’inciampo. Nell’era della condivisione di contenuti così poco tangibili come quelli online, che valore ha la concretezza di una pietra?

Come hanno detto i ragazzi della scuola media Calamandrei che ha partecipato ai laboratori dedicati alle scuole nell’ambito delle pose 2017 delle Pietre d’inciampo: “Se non si lascia traccia di sé, nel futuro si viene dimenticati e noi, giovani del nuovo millennio, non possiamo permettere che ciò accada per le vittime della Shoah, non possiamo lasciare che questa miriade di uomini, donne e bambini uccisi ‘si perda nel vento’. Questo periodo brutto e doloroso della nostra storia deve essere una cicatrice ben visibile agli occhi di tutti perché ciò non accada mai più. Nei Lager i prigionieri venivano privati del nome, all’ingresso nel campo veniva tatuato loro sul braccio un numero, che da quel momento sarebbe stata la loro nuova identità, non erano più persone, ma solo cifre. Le Pietre d’inciampo restituiscono a queste persone il loro nome e il loro posto nella storia, dimenticare il nome di una persona sarebbe come farla morire di nuovo. Un progetto che è stato molto utile e ci ha dato la possibilità di conoscere, riflettere e ricordare perché tutto ciò non accada mai più e la memoria della storia e di tante storie non vada persa”. 

 

Gli ultimi eroi, gli unici vissuti sulla pelle delle nuove generazioni, sono i partigiani. Cosa significa questo per i giovani d’oggi? 

Onorare i partigiani dovrebbe essere un dovere. Di tutti. I partigiani ci hanno liberati da un’illusione, quella dell’uomo forte e populista, che si era trasformata in uno dei peggiori incubi della nostra storia. Da loro possiamo imparare che la libertà è in assoluto il bene più grande dell’individuo; il senso della parola resistenza, quel sentimento che ti fa rifiutare persino ciò che appare inevitabile, con un moto di fierezza. Possiamo imparare che non bisogna essere eroi o super dotati per cambiare la storia e che le donne, se vogliono, possono fare la differenza, al fianco degli uomini, in squadra con loro. Né capi né subalterni, ma partigiani e partigiane. Dai partigiani capiamo che l’assenza di memoria può distruggere un popolo più di una bomba atomica e che la visione di un mondo migliore non passa per l’impossibile e l’irraggiungibile ma attraverso azioni piccole e concrete come abbattere un nemico. Dobbiamo imparare che, il nostro peggior nemico, è la nostra indifferenza; possiamo imparare ad essere donne e uomini liberi. 

 

Il Museo diffuso è anche museo dei diritti. Quanto ne sanno veramente i ragazzi sui diritti e sulla Costituzione? 

Fin dalla sua apertura, il Museo si è posto il problema di non limitarsi a uno sguardo esclusivamente rivolto al passato, ma di aprirsi al tema più generale dei diritti civili, raccogliendo l’eredità positiva degli anni della guerra - la sanzione di quei diritti da parte della nostra Carta Costituzionale - per riflettere poi su quanto, oggi, quei diritti siano davvero affermati. Dobbiamo misurarci oggi con una innegabile rottura culturale, una sempre maggiore distanza, non solo temporale ma anche emotiva, nei confronti di quella memoria. Dunque, il dovere di trasmettere una tradizione civica deve porsi il problema di come colmare lo scarto esistente, di quali mezzi utilizzare per avvicinare cittadini sempre più distanti e “nuovi”, anche per provenienza geografica. Non sempre i temi della Resistenza e della Deportazione sono quelli maggiormente approfonditi in classe. O meglio, dipende del grado scolastico perché con i nuovi programmi, attraverso il filone di insegnamento denominato “Cittadinanza e Costituzione”, già dagli ultimi anni della scuola primaria si lavora sui temi dei diritti e della Costituzione. È difficile dire quanto ne sappiano veramente i ragazzi sui temi trattati perché sono molti i fattori in gioco. Quello che di certo possiamo affermare è che sono più i curiosi degli indifferenti e che c’è voglia di capire, per lo meno in alcuni, così da affermare maggiormente la propria identità di cittadini consapevoli.

Commenti