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#QuellaVoltaChe siamo andati a Feminism, la prima Fiera dell’Editoria delle Donne in Italia
Chiara Cataldi, del liceo classico Luciano Manara di Roma, ci parla di Feminism, ospitata presso la Casa Internazionale delle Donne dall’8 all’11 marzo
Chiara Cataldi | 2 aprile 2018

Varcare per la prima volta la soglia della Casa Internazionale delle Donne provoca una strana sensazione. Sembra di entrare in un locus amoenus, separato dal resto del mondo. Il rumore assordante della Capitale si dissolve tra i meandri dei corridoi e si viene immersi in un silenzio quasi soffocante. La sala allestita per la conferenza di presentazione di Feminism è piccola ma piena di persone, per lo più donne, e di una certa età. I giovani mancano, forse per la poca pubblicità fatta, forse per la manifestazione di “Non una di meno”, forse perché semplicemente poco interessati a un’iniziativa di questo genere. Ma la gente c’è e si fa sentire. A prendere per prima la parola è Maria Palazzesi di Archivia, una delle associazioni organizzatrici dell’evento. Ci descrive il principale intento di Feminism come quello di portare alla luce il panorama del libro d’autrice e svelare cosa ci sia dietro una scelta, un lavoro, un’impronta destinata a rimanere; perché, si sa, le parole scritte acquistano un peso diverso e duraturo. La stessa scelta del titolo della fiera non è casuale: per il noto dizionario statunitense Merriam-Webster, feminism è la parola chiave del 2017, la cui ricerca è cresciuta del 70% in occasione della marcia delle donne e a causa dello scandalo sulle molestie sessuali.

Madrina dell’evento è Lidia Ravera, giornalista, scrittrice, autrice del romanzo Porci con le ali. Ha le idee chiare e se all’inizio sembra pesare le parole che usa, dopo poco si apre alla platea che ha di fronte. Perché il sentimento che accomuna le persone in sala è lo stesso: un desiderio, un bisogno forte di far sentire la propria voce, come scrittrici ma soprattutto come donne. “Si legge da soli e si scrive da soli. Sono gli ultimi spazi di solitudine che esistono al mondo. Noi che come donne siamo più capaci di stare negli interni, luoghi pericolosi perché in genere è lì che si pensa, veniamo sempre un po’ considerate anche inconsapevolmente come delle casalinghe che scrivono. Finché una donna non ha uno smodato successo, finché non vince il premio Strega, è difficile per lei essere vista come una scrittrice, un’artista, una creativa”. Ed è questo senso di rivalsa che emerge dalle sue parole. Esistono uomini che, pur ritenendosi lettori forti, non leggono i romanzi delle donne. “Perché le donne scrivono della vita e la vita secondo gli uomini è un tema minore. Secondo me è il tema”. Applausi a scena aperta più volte interrompono il suo intervento e cenni di assenso si mescolano al brusio d’entusiasmo in sottofondo. Interviene Gino Iacobelli che, ridendo, afferma quanto ci siano più fiere del libro che libri venduti: da una parte le grandi catene stanno acquistando sempre maggior potere, ma dall’altra sono diverse le librerie indipendenti che si trovano costrette a chiudere. 

Differente tra le casi editrici è il modo di scegliere le autrici da pubblicare: ci sono quelle che pubblicano ciò che piace, quelle che pubblicano ciò che è al passo con i tempi e quelle che chiedono un lavoro su un tema specifico. È il caso della Manifesto Libri che ha pubblicato #QuellaVoltaChe, la raccolta di tweet contraddistinti dall’omonimo hashtag lanciato da Giulia Blasi dopo il caso di Weinstein. “Tipico del potere maschile è mettere a tacere la voce delle donne” ci dice Simona Monsignori, descrivendo il libro. “Abbiamo raccolto 250 testimonianze di donne italiane non famose, come noi. Abbiamo pensato che dovessero rimanere, perché i social sono potenti ma volatili. Questo libro, invece, è uno strumento da poter dare in mano”. Chiunque scrive, anche senza accorgersene, e la scrittura di massa ha cambiato il rapporto con la parola. Lidia Ravera si propone di ricostruire una letteratura della brevità e dell’effimero, che parta proprio da quanta letteratura si faccia in rete. Con la scrittura letteraria e la parola durevole, cambierebbe anche la seduzione via web. “Bisogna soffermarsi sulle cose intelligenti. Siate selettivi. Fate attenzione alle cose che vi fanno crescere, che vi illuminano. Un romanzo deve fare o ridere o piangere o pensare. Meglio tutte e tre le cose insieme. Se non fa nessuna delle tre cose, tirate via, che perdete tempo”.

 

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