Cinema e Teatro
Fase 2, ci siamo dimenticati della cultura
L’amministratore dell’Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio Luca Fornari lancia l’allarme: “Il futuro del settore culturale è più incerto che mai”
Valerio Caccavale | 18 giugno 2020

Mentre viene annunciata la tanto agognata Fase 2, il mondo dello spettacolo attende ancora di ripartire. Anche il teatro, nicchia della civiltà e dell’umanità, rimane in attesa di essere di nuovo rianimato dalla vitalità di cui ha bisogno. Sarà per questo che durante il colloquio con Luca Fornari, amministratore del circuito teatrale multidisciplinare Lazio, si intuisce quanto il mondo della cultura conti nelle nostre vite. Difficile definire dunque questa realtà eterogenea in quattro e quattr’otto, ma qualcosa siamo riusciti a chiarirla.

Come nascono i circoli multidisciplinari?

Cominciare a promuovere il teatro nelle periferie d’Italia non era una scommessa facile. Nelle regioni senza una grande tradizione culturale e nei quartieri più marginalizzati è difficile pensare ad un progetto del genere. Verso la fine degli anni ‘70 si sono mossi i primi passi in questa prospettiva teatrale, ma non solo. Qui nelle strade e nei quartieri di periferia si respirano i sogni dei più giovani: da aspiranti attori a piccoli ballerini fino agli appassionati di musica. Nel 2014 questi circuiti si allargano per tutti i settori dello spettacolo e tutt’ora non esistono leggi che promuovano i singoli settori.

Partendo dall’ultimo decreto, il prolungamento dei 600 euro per i professionisti dello spettacolo potrà coprire la ferita aperta dopo questa quarantena?

Il prolungamento dei 600 euro per i mesi di aprile e maggio tende ad essere un cerotto che guarirà parzialmente la ferita. Il settore dello spettacolo non ha una vera normativa ed essendo scaduto il tempo per i decreti attuativi, il mondo della cultura naviga in assenza di legge. Addirittura esiste una divisione nella musica per essere finanziabile, se essa è “colta” o meno. Il panorama non può che essere frammentato e precario. Basta pensare alla tipologia contrattuale di un semplice lavoratore, spesso una sorta di lavoro a cottimo, non regolamentato. Sicuramente avrete sentito parlare di industria del cinema, mai di teatro. Questo perché le realtà in questione agiscono singolarmente e i contributi versati di conseguenza non sono sufficienti.

È però necessario riprendere le attività seppur in modo controllato e affacciarsi alla riapertura?

Gli spazi adibiti allo spettacolo all’aperto potrebbero riaprire il 15 giugno. Sarà una buona notizia per le piccole/medie attività e per tutti i lavoratori inattivi di questi mesi a cui scadrà la Cassa integrazione d’estate e che necessitano di un risarcimento almeno parziale a causa del lockdown. La riapertura negli spazi chiusi proposta dal ministro Franceschini con una perdita calcolata del 60/70% del pubblico non offre invece una reale soluzione al problema di mantenere un esercito di precari senza sussidio e con un futuro più incerto che mai.

Le parole di Conte nell’ultima conferenza stampa fanno intuire come spesso ci si possa confondere tra lavoratori e amatori dello spettacolo. Di quale messaggio hanno bisogno i giovani desiderosi di cominciare in questo mondo?

Se il lavoro nel mondo dello spettacolo è ancora avvolto nel fumo della scena è perché non esiste ancora una politica culturale che sappia mettere insieme le varie realtà che circondano questo settore. È il caso adesso di pensare a un modello alternativo per promuovere lo spettacolo dal vivo, fatto spesso da ragazzi pieni di sogni da realizzare.

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