Cinema e Teatro
PADRENOSTRO
Gli Anni di Piombo attraverso lo sguardo dei bambini
Andrea Schiavoni, | 5 ottobre 2020

Si torna finalmente al cinema con il nuovo film di Claudio Noce interpretato da Pierfrancesco Favino: Padrenostro. La pellicola, di genere drammatico e dalla durata di circa due ore, si colloca nel filone delle vicende che vedono come sfondo una delle più dolorose pagine della storia contemporanea del nostro Paese: il terrorismo degli anni 70 nella Capitale.

L’originalità della pellicola consiste però nel fatto che la lente di ingrandimento viene posta sulla quotidianità di una famiglia travolta dalla violenza di quegli anni, piuttosto che sulla mera analisi socio-culturale. Ma a rendere ancora più originale e innovativo il film di Noce è il punto di vista attraverso cui il regista sceglie di raccontare la propria storia: gli occhi di un bambino di dieci anni, Valerio, figlio di Alfonso La Rose. Quest’ultimo, interpretato da Favino, prima di essere un lavoratore dello Stato è anzitutto un padre di famiglia che si ritrova coinvolto in una sparatoria dove viene ferito. Da questo momento in poi il castello di carta su cui si reggevano i rapporti della famiglia La Rose, costituito da una serie di non detti e di velate allusioni, crolla su sé stesso e il piccolo Valerio viene catapultato nel mondo degli adulti, quello da cui era sempre stato protetto solo attraverso la menzogna.

Ma Padrenostro non è solo un toccante dramma del rapporto di un padre e del suo bambino: è anche una storia di grande amicizia, che si articola nel rapporto che via via si viene a instaurare fra Valerio e un ragazzino poco più grande di lui, Christian, che a differenza del primo - di indole piuttosto fantasiosa e ingenua - possiede un carattere ribelle e deciso. I due giovani personaggi avranno modo di incontrarsi, e quindi scontrarsi, imparando l’uno dall’altro quale profondo significato si possa attribuire al concetto di amicizia.

Non si fa fatica a credere che questa storia sia liberamente ispirata dal reale vissuto del regista. Ogni inquadratura, soprattutto i primi piani di Alfonso, riescono nell’impresa di assumere al meglio il punto di vista di un bambino che si ritrova a dover fare i conti con una realtà troppo cruda anche per gli stessi adulti. Una pellicola lontana quindi dalle ambizioni di fornire uno sguardo attento o originale sugli Anni di Piombo, ma che riesce a raccontare la quotidianità di una famiglia con grande sensibilità.

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