Cinema e Teatro
Genova. Per la terza stagione alla Tosse
L’idiota che c’è in noi
Inauguriamo con Enrico Campanati, attore e regista del Teatro della Tosse, gli incontri in diretta di Radio Jeans con il mondo dello spettacolo genovese
Andrea De Sotgiu, 18 anni | 5 dicembre 2011
Siamo tutti un po’ idioti: è con questo assioma che esordisce Enrico Campanati, interprete principale dello spettacolo che sarà messo in scena dal 13 al 18 dicembre al Teatro della Tosse di Genova. L’idiota, un tradimento, da F. Dostoevskji, è diretto dalla giovane regista Carmen Giordano. Già molto apprezzato dal pubblico nelle scorse due stagioni, lo spettacolo è stato riconfermato nella programmazione di quest’anno, intitolata Ragione e Sentimento.
Enrico Campanati ha spiegato ai microfoni di Radio Jeans chi sia l’Idiota di cui si parla nello spettacolo.
Chi è l’Idiota?
«Siamo partiti dalla trama de L’idiota di Dostoevskji ma poi ci siamo basati sull’Idiota che è in me e in quello che è in tutti. Questo Idiota si può permettere di dire la verità, si può permettere di scendere in fondo alla sua anima, in fondo a tutte le sue contraddizioni, agli amori che ha avuto in tutta al sua vita e continua ad avere. È una persona innamorata, sempre».
L’idiota viene definito un uomo bambino, un marziano, uno splendido clochard, un clown, un vecchio, un mago, ma cosa lega tutte queste sue sfaccettature?
«Queste sfaccettature si legano all’interno del personaggio delineando l’anima dell’uomo: abbiamo cercato di renderlo molto umano, d’altronde in ognuno di noi ci sono tante sfaccettature. Facendo l’attore me ne sono accorto bene: dentro di te hai una parte femminile, hai una parte maschile, una parte infantile, una parte vecchia e molte altre».
Questo spettacolo va bene per tutti oppure ci si aspetta un determinato tipo di pubblico?
«Va bene per tutti escludendo i bambini. L’ho cocepito per tutti i tipi di spettatori, quando l’ho interpretato per i ragazzi delle scuole mi sembrava di vedere l’entusiasmo di un concerto rock. Nelle serate delle scorse stagioni il teatro è sempre stato pieno e le persone uscivano tutte con un occhio commosso e divertito. È uno spettacolo molto vivo, molto emozionante, drammatico in alcuni punti, ma molto divertente».
Quanto conta il teatro nella tua vita? Lo consiglieresti ai giovani?
«Penso che nella vita non sarei riuscito a fare nient’altro, faccio teatro da molti anni e lo consiglio a tutti quanti perché ti completa, ti fa trovare degli aspetti che non conosci, ti fa socializzare. Ti fa diventare più tollerante, ti dà un’apertura mentale che ti permette di guardare gli altri sotto un’altra veste. È una risorsa, arricchisce moltissimo ed è un errore non farlo abbastanza a scuola. Mi piace davvero tanto fare teatro con i ragazzi, mi tengono giovane e mi regalano molto».
Parliamo dei personaggi che hai interpretato nella tua carriera: si sono mai influenzati tra di loro? Hai mai ritrovato caratteristiche di alcuni personaggi in altri?
«Nella mente e nel cuore c’è sempre una specie di minestrone, diciamo che, soprattutto le prime volte, quando devi interpretare un nuovo personaggio hai d’intralcio quello che hai interpretato precedentemente. Ti viene da recitare di nuovo il ruolo che hai già interpretato. Nella mia carriera ho portato in scena diversi personaggi: donne, uomini, travestiti, animali, giovani, vecchi; per esempio sono stato una donna, Eva Peron, che all’inizio mi veniva difficile da interpretare, mentre poi è venuto tutto molto naturale. Il teatro è speciale, oltre che a farti provare grandi emozioni ti fa scoprire nuove parti di te che non conoscevi».
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