Cinema e Teatro
Commedie romantiche sotto l'albero
Non cè ragione che tenga
Tra illusione e magia Allen racconta il significato dell’amore
Gaia Ravazzi | 31 dicembre 2014
Sin dal primo momento è magia, o meglio, illusione. Magic in the moonlight, il nuovo film di Woody Allen dal 4 dicembre al cinema, si apre nella Berlino del 1928 sullo spettacolo dell’illusionista Wei Ling Soo tra sparizioni di elefanti e donne tagliate in due. In pochi sanno che sotto il suo costume si cela Stanley Crawford (Colin Firth), inglese cinico e arrogante. Razionale e con una mente scientifica, Stanley si rivede nel filosofo Hobbes e nella visione pessimista nietzschiana; forte è il suo abuso di sarcasmo che nel corso della vita gli ha permesso di coltivare una sola amicizia, quella con Howard Burkan (Simon McBurney), anche lui prestigiatore. Non può quindi che accettare l’invito dell’amico a smascherare il lavoro di una giovane veggente, Sophie Baker (Emma Stone). La scena si sposta così sulla Riviera francese, illuminata da una luce estiva quasi mistica. Tra i personaggi c’è una netta divisione: alcuni fedeli credenti nell’occulto, ma poveri cretini agli occhi di Stanley, altri dubbiosi e incerti visto il diretto coinvolgimento della fortuna della famiglia Catledge.
Stanley non dubita nemmeno un secondo: il suo raziocinio e la sua cultura gli impediscono in tutto e per tutto di avvicinarsi al mondo dell’occulto o di accettare un qualsiasi fatto non spiegabile con la logica. I suoi innumerevoli tentativi di smascherare Sophie, però, si rivelano inconcludenti: lei è in grado di indovinare con la forza della sua mente i lati del carattere delle persone, il loro passato e i loro amori. La diatriba tra i due protagonisti culmina con la visita a casa della zia del protagonista, Vanessa. E qui scatta qualcosa. Come racconta Firth: «Non è che Stanley improvvisamente cambia opinione, pensando che il potere di Sophie sia reale. Piuttosto è qualcosa nascosto in lui da lungo tempo che improvvisamente esplode all’esterno con una gioia quasi fanciullesca».
Il sentimento che prova è reale, il suo desiderio di essere smentito è qualcosa che nasce insieme alla sua passione per la magia. È la scoperta che tutto sia possibile a renderlo spensierato. Sophie, seppur borghese illetterata, lo affronta con le parole dei suoi stessi filosofi che avevano colto i benefici delle illusioni.
Alla fine, il vero mistero del film si rivela essere l’amore. Al crollo di ogni illusione, pur intrisi di scetticismo, siamo portati a desiderare qualcosa di magico ed inspiegabile come l’attrazione per un’altra persona. Persino nel brillante dialogo tra Vanessa e Stanley, il protagonista, uomo colto ed elegante, razionalmente non si spiega il sentimento per la giovane medium, ma non può far altro che cedere e lasciarsi incantare dal suo sorriso. La magia del “moonlight” è quella che si crea tra i due protagonisti rifugiatisi per la pioggia in un osservatorio: è la paura di Stanley di fronte all’universo, in contrasto con l’emozione di Sophie.
Il monito di Woody Allen è chiaro e semplice: anche se il mondo è privo di scopo, è pieno di magia.
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