Cinema e Teatro
Commedie non convenzionali
Basta! Che ci sia amore
Esordio alla regia per Veronica Pivetti con “Né Giulietta, né Romeo”, un film generazionale che porta sul grande schermo il tema dell’omosessualità tra pregiudizi e conformismi del nostro tempo
Ilenia Vitale | 26 novembre 2015

Nel nostro secolo gravido di progresso gli uomini sono cambiati, anche il loro modo di vivere e di comunicare è cambiato, la tecnologia ci tiene oramai sempre in contatto con il resto del mondo. Tanto siamo convinti di essere già in possesso del futuro, che non ci si chiede mai cosa intendiamo esattamente per progresso. Abbiamo infinite possibilità, ma siamo spesso prigionieri della società, non liberi di esprimere ciò che siamo. E proprio la libertà di essere, di vivere e di amare è indagata in Né Giulietta né Romeo, film che segna l’esordio alla regia di Veronica Pivetti con un tema importante quanto attuale come quello dell’omosessualità.

La libertà di amare dovrebbe essere inviolabile, uguale e incondizionata, per tutti. Non ci dovrebbero essere regole, imposizioni e divieti. Eppure oggi per il proprio orientamento sessuale si può venire picchiati, ingiuriati, a volte uccisi, solo perché si ama fuori dalle convenzioni giudicate come “normali”. Succede perché si ha paura di ciò che è diverso. La paura dell’omofobo qual è, se non quella di essere omosessuale? Allora meglio chiudersi nella corazza dei propri pregiudizi, meglio fare silenzio e additare chi è diverso. E primi a farlo sono molti, troppi adulti, genitori e insegnanti. Con un dito puntato verso chi è diverso, troppo spesso insegnano ai loro figli, alle loro menti sgombre di muri, l’indifferenza e il pregiudizio. Innalzano delle recinzioni spesse nelle loro teste e i loro occhi tristemente non sapranno guardare oltre il limite imposto. 

Questi tumulti generazionali, pregiudizi, indifferenza e omosessualità sono al centro del film della Pivetti. Il film ha al centro un fortissimo confronto generazionale. Da una parte i sedicenni: disinvolti, un po’ spaesati, ma senza pregiudizi; sull’altro fronte gli adulti, obiettivamente disastrosi, tutti estremamente progressisti a parole e tutti radicalmente conformisti sui fatti. «Così risulta del tutto ovvio - dice la Pivetti - che gli episodi di bullismo (fisico e psicologico, che sia) al centro delle cronache quotidiane siano la conseguenza del modo di educare di questa classe adulta che nutre i ragazzi di inibizioni e pregiudizi. I giovani respirano questo clima pesante e ne vengono condizionati, proprio nel loro mondo, tra scuola e famiglia». Protagonista della storia è un sedicenne, Rocco (Andrea Amato), nel pieno di un’età di passioni, ribellioni, desideri e paure. Genitori separati ma presenti, apparentemente progressisti e aperti: Manuele (Corrado Invernizzi), psicanalista molto cool che proprio non riesce a mantenere discreta la sua affollatissima vita sentimentale, e Olga (Veronica Pivetti) giornalista che, al contrario del papà, annaspa fra lavoro e una vita personale faticosa. Ultima, ma non per questo meno importante, Amanda (Pia Engleberth), una nonna molto originale, anacronistica e moderna insieme. Rocco invece è spensierato, forte, simpatico, leale; ha un ottimo rapporto con la madre, grandi conflitti con il padre. È grande fan della rock star del momento (giovanissima icona gay) e condivide questa sua passione con Maria (l’esordiente Carolina Pavone) e Mauri (Francesco De Miranda), i suoi due migliori amici. Ma la stagione delle ribellioni è appena cominciata. I primi turbamenti rivelano strade alternative, passioni improvvise e inaspettate, risse a scuola, nuovi amici, altri amori a cui, come un provetto Romeo, Rocco non intende rinunciare. E così, lo scontro con una famiglia premurosa (e forse non così progressista) diviene inevitabile. Un nuovo amore scolastico porta il ragazzo a rivelare ai genitori di essere omosessuale. E segue un complicato, bizzarro e impacciato confronto familiare. Rocco, deluso, si sente incompreso dai genitori e, disapprovato da loro, decide di scappare di casa nel cuore della notte. Il pretesto è il concerto del suo cantante preferito in una città del Nord. L’inseguimento on the road porterà tutti, genitori e nonna compresa, a Milano, al concerto del cantante. Dopo una serie di inseguimenti, discussioni, e colpi di scena, è proprio lì che Rocco troverà un nuovo batticuore e qualcuno con cui condividerlo. L’epilogo del viaggio sarà catartico per tutti. Rocco è cambiato, consapevole, adulto. Mamma e papà hanno finalmente e faticosamente compreso. «Fare questo film – commenta Veronica Pivetti – è stata un’esperienza dirompente, un’assunzione di responsabilità sull’otto volante, un bagno totale di logica e istinto insieme». 

Pur essendo una commedia, il film non fa sconti sul tema, indagandone gli aspetti anche più oscuri, tra omofobia e tabù. A ogni modo, rimane una commedia e quindi segna una chiara distanza rispetto ad altri film che raccontano l’omosessualità in tinte decisamente più drammatiche. «Né Giulietta né Romeo ha ricevuto il patrocinio di Amnesty International. È la prima volta che accade con una commedia e ne sono fiera, perché la libertà di orientamento sessuale è un diritto umano, non è in discussione». E in questa commedia si sorride, ma si riflette e soprattutto si impara. Si impara che non per forza chi sa di più perché è adulto, sa anche mettere in pratica ciò che conosce. Si impara che anche da un gruppo di adolescenti c’è una lezione da apprendere. «Mi sono divertita tantissimo a lavorare con i ragazzi, sono attori bravissimi, che mi hanno anche dato indicazioni mentre lavoravamo. Dai giovani si può e si deve imparare: sono uno scrigno, di cose belle, meravigliose e anche brutte, lo scrigno in cui è custodito il futuro». È quindi una grande fiducia quella che questo film ripone nella generazione di domani, capace e competente. Una generazione che la regista peraltro conosce bene dopo l’esperienza consolidata da attrice protagonista nella serie TV di successo Provaci ancora prof. 

Ma perché Né Giulietta né Romeo? È molto interessante l’uso innovativo del titolo tratto da una delle opere più famose di tutta la letteratura. Romeo e Giulietta, il cliché del romanticismo, è rivisto ora in una nuova prospettiva, quella dell’amore che cambia con i tempi. «È un titolo di ribellione. Significa: lasciatemi essere quello che voglio e impegnatevi a capire quello che sono». 

Non è più scontato che la ragazza sia Giulietta e il ragazzo Romeo, ma tutto è messo in discussione. Esiste un nuovo Romeo, moderno, che chiede la libertà di essere chi vuole essere, di amare chi vuole e di essere capito o, quantomeno, ascoltato. Libertà, responsabilità, rispetto: queste le tre idee su cui si snoda il film. Libertà, come diritto; responsabilità, su entrambi i fronti, genitoriale e dei figli; rispetto dell’altro, perché «si è liberi di non condividere, ma non di non capire. Le barriere si possono superare: non ci si deve chiudere e far chiudere in recinti coercitivi fatti da altri». 

Sono gli adulti da una parte a dover sconfiggere le loro paure e i ragazzi dall’altra a dover aprire la porta del proprio cuore. In questo modo, che sia Romeo o Giulietta ad amare un altro Romeo o un’altra Giulietta, l’amore sarà amore e in quanto tale bellissimo. 

 

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