Emilia Romagna
Essere Preside al tempo del Coronavirus
La testimonianza di un dirigente scolastico in Emilia Romagna
Dirigente scolastico prof. Enrico Montaperto | 13 marzo 2020

Era domenica 23 febbraio 2020: dalle prime ore del pomeriggio iniziavano a rincorrersi voci di una possibile chiusura delle scuole in alcune regioni del Nord Italia… tra cui la scuola affidatami dal Direttore Generale dell’U.S.R. per l’Emilia Romagna. E così, a causa dell’emergenza COVID-19 (comunemente nota come Coronavirus), lunedì 24 febbraio per la prima volta dal giorno della mia presa di servizio la campanella non ha suonato in nessuno dei sei plessi dell’Istituto.

Sono ormai 18 giorni che le attività didattiche in presenza sono sospese, ma la Scuola non si è fermata: anzi, con professionalità e senso di responsabilità, ha “messo in campo” ogni risorsa non soltanto per procedere con gli adempimenti in scadenza (es. la rilevazione per organici, pensionamenti, etc.), ma anche per restare “vicina” agli alunni e alle loro famiglie in un clima di diffusa incertezza e preoccupazione. Con la collaborazione fattiva del corpo docente - che ringrazio nondimeno a titolo personale - e nel rispetto della libertà di insegnamento, la Scuola ha attivato azioni progettate per strutturare forme di didattica cosiddetta "a distanza", con l'obiettivo anche di restare in relazione con i veri protagonisti della comunità educante in questi ormai lunghi giorni “fuori dalle aule”. Oltre al tenore formativo delle proposte, al di là degli obblighi contrattuali, si considera vitale mantenere salda l'idea di comunità per quanto con formule non "tradizionali". E nella ricca e all’avanguardia Emilia Romagna anche il Preside di un piccolo paese, nel quale - sino a pochi giorni prima - la didattica inclusiva e innovativa doveva fronteggiare le difficoltà di una carenza infrastrutturale, è “sceso in campo” con il suo Istituto: ha attivato piattaforme online tanto per la “didattica a distanza” quanto per le attività cosiddette “funzionali all’insegnamento”, con grande sforzo ma anche con grande soddisfazione. Ritengo che sia proprio in momenti come questi, di grande difficoltà, che l'importanza di “sentirsi vicini" può - per quanto possibile - sostenerci nella gestione dell'emergenza, dal punto di vista sia organizzativo sia emotivo, e aiutare non soltanto gli adulti a intravedere una prospettiva più serena. A “non sentirsi soli” - benché in condizioni di “isolamento” - può non poco giovare un “messaggio” del Direttore Generale al personale della scuola, agli studenti e alle loro famiglie o, ancora, una “telefonata” del – un tempo detto – Provveditore, che in forme differenti permettono di “alleggerire” il fardello condividendolo. “Essere Preside” significa sentirsi e avere la responsabilità - e non solo il dovere – di considerare la Scuola come risorsa imprescindibile non soltanto di conoscenza, ma anche di relazioni e di crescita. E un articolo dal titolo “I dirigenti scolastici vogliono abbandonare la nave e chiedono di chiudere le scuole” - pubblicato su informazionescuola.it - è quantomeno imbarazzante, perché vuol dire che si è molto distanti dal comprendere il ruolo e il dovere non soltanto professionale dell’“essere presidi” al tempo del Coronavirus. Comunque, perché da ogni circostanza si possa trarre un'esperienza positiva da custodire come arricchimento del proprio bagaglio esperienziale, la "lontananza" forzata dalle aule può diventare un'occasione per far crescere il senso di responsabilità e per coltivare la consapevolezza che i sacrifici a tutti richiesti - benché in forme e misure differenti - siano funzionali a tutelare la salute e il benessere collettivo. Al mondo della Scuola, nonché all’Italia tutta, rivolgo l'augurio profondo che presto "tenendoci per mano" si possa tornare alla quotidiana "normalità".

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