Lazio
Mia mamma infermiera e gli abbracci perduti
Aveva appena avuto un caso sospetto con il quale aveva lavorato tutto il giorno, quindi non sarebbe stata una grande idea abbracciarmi e rischiare di infettarmi
Gaia | 6 aprile 2020

In questi giorni in cui rimanere a casa è doveroso, ho l'impressione che l'unica via di fuga dalla quotidianità perduta e dai muri della mia casa sia pensare.
Ho pensato tanto, forse troppo, ho pensato così tanto che mi è venuta voglia di fare una passeggiata con gli amici, dimenticandomi che il mio pensare era proprio il tentativo di sostituire questa mancanza: i miei amici.

Così si entra in una specie di loop infinito dove si inizia a pensare per dimenticare i vuoti in cui si rischia di cadere e si finisce per aver voglia di caderci dentro. Nonostante io abbia rischiato di cadere in quei buchi ogni tanto, mi sono accorta che mai prima d'ora sarei riuscita a capire così tanto delle persone che mi circondano: mia madre, mio padre e mio fratello.

Ho scoperto che papà è bravisimo a tenere il manico della scopa in equilibrio sul palmo della mano e sul dorso del piede, che mio fratello in fondo è ancora disposto a giocare con me e a scherzare come facevamo da piccoli, e che non sembra, ma anche mia mamma a volte ha paura. Mia mamma è un'infermiera, lavora in terapia intensiva cardiologica. Quando ero piccolina e mamma faceva la notte, senza farmi vedere, andavo nella camera da letto dei miei genitori, aprivo le ante del suo armadio che puntualmente scricchiolavano, mi alzavo sulle punte dei piedi e mettevo il naso tra i suoi vestiti, poi chiudevo gli occhi e subito ero tra le sue braccia. Quante sbucciature sulle ginocchia senza di lei, quanti tuffi al mare senza di lei, quanti regali sotto l'albero senza lei; perchè come mi ripeteva sempre: "Purtroppo i malati non vanno in vacanza". Io mi arrabbiavo, urlavo, la odiavo perchè quando mi svegliavo la notte per un brutto sogno la mia mamma non c'era. Ma non importava quanti secondi eravamo state distanti, perchè quando tornava dal lavoro la mattina, il tempo perduto si dissolveva in un abbraccio che sembrava durare secoli.


Con il tempo ho smesso di svegliarmi nella notte in cerca della sua presenza, ma non ho mai smesso di attendere il suo abbraccio mattutino. Qualche giorno fa, come tutte le mattine in cui mamma smonta dalla notte, mi sono alzata dal letto e l'ho raggiunta per il nostro solito abbraccio, ma mamma non mi ha abbracciata. Aveva appena avuto un caso sospetto con il quale aveva lavorato tutto il giorno, quindi non sarebbe stata una grande idea abbracciarmi e rischiare di infettarmi. Sembra una sciocchezza, ma quel giorno io non ho potuto abbracciare la mia mamma, la mia mamma dalla quale ero stata distante per tutto quel tempo, così secondi e secondi della nostra lontananza sono andati ormai perduti.

E se abbracciarsi non fosse l'unico rimedio? Ora più che mai abbiamo bisogno di sapere che siamo vivi anche nella lontananza, che l'amore non è un filo e che la distanza non è una lama tagliente, che un "Ti voglio bene" può sostituire un abbraccio. Solo quando guardandoci negli occhi da lontano e sussurrando queste parole, ci ameremo più di prima, avremo sconfitto il male più grande: la paura di perderci, non un virus. Non voglio perdere altri secondi, non voglio perdere un altro abbraccio, un altro "Ti voglio bene"; quindi per favore fatelo per tutti gli abbracci perduti, non sprecate neanche un secondo del vostro amore.

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