Libri
Philip Roth, la voce dell'America
Addio al grande scrittore
Roberto Bertoni | 23 maggio 2018

Se ne è andato a pochi anni di distanza dall'annuncio che non avrebbe più scritto. Philip Roth, la voce dell'America ebraica e progressista, aveva ottantacinque anni, ed era come se se lo sentisse che la sua missione su questa Terra si era ormai terminata. 

Una scrittura potente, intensa, variopinta; una scrittura che conteneva in sé una pluralità di stili e canoni linguistici; la scrittura di una voce critica che ha saputo illustrare meglio di molti altri le storture, le contraddizioni e le grandezze del proprio Paese. Philip Roth ci dice addio oggi che avremmo un disperato bisogno di persone come lui, lasciandoci tuttavia in eredità un patrimonio letterario di inestimabile valore. 

E ora che si è conclusa la sua epopea terrena, ora che i suoi scritti, già consegnati all'eternità dall'amore dei lettori, sono diventati una pietra miliare della letteratura mondiale, ora che è diventato un'icona, un simbolo e un punto di riferimento non solo per i colleghi ma anche per la maggior parte di coloro che si sono lasciati rapire dalle sue atmosfere, ora si comprende a pieno la grandezza di questo cantore del mondo contemporaneo. 

Philip Roth è stato il pungolo di un Paese in guerra con se stesso, mai menestrello di nessun potere, mai domo, mai appagato dalla propria condizione e dal contesto sociale nel suo insieme. Un irrefrenabile bastian contrario, un intellettuale fuori dagli schemi, anti-convenzionale ed estraneo a qualsivoglia forma di conformismo, un gigante del pensiero moderno che ha messo a nudo la fragilità di una Nazione apparentemente ricca e potente ma in realtà in rivolta. 

Roth, che conosceva come pochi le molteplici sfaccettature dell'animo umano. Roth, che comprendeva la complessità del reale in tutti i suoi aspetti. Roth, che non si rassegnava al mondo così com'è e si batteva, con la forza dirompente delle sue parole, affinché qualcosa cambiasse davvero.

È superfluo star qui a sottolineare i titoli principali della sua produzione, tali e tanti sono i capolavori che abbiamo ammirato e continueremo ad ammirare, a leggere avidamente e contemporaneamente a studiare, per cercare di trovare in essi almeno alcune delle risposte ai nostri innumerevoli interrogativi. 

Roth ha avuto anche la capacità di fermarsi prima del declino, di dire basta prima che la qualità dei suoi scritti potesse peggiorare, di comprendere che la sua recita sul palcoscenico della vita volgeva ormai alla viene di uscire di scena con maestria, eleganza e una discreta dose di ironia, senza rendersi un fantasma ma senza neanche pretendere di attirare ancora su di sé la luce dei riflettori. Sapeva di essersi guadagnato l'immortalità e non aveva bisogno di dire altro. È in quel momento che ha cominciato a morire, come capita a tutti coloro che sono animati dal sacro fuoco della curiosità per le cose della vita e che non possono fare a meno di dipingere con la penna i mille colori del cielo. 

Il fuoco interiore si era spento senza rimpianti, con la serenità d'animo di chi sa di aver dato tutto. Il sipario è calato ma non sarà un addio.  

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