Musica
Simple Plan. Iniezioni di pura energia
La musica che salva la vita
Il nuovo album dei Simple Plan non tradisce le aspettative e regala nuove emozioni. A tu per tu con Sebastien, che ci racconta come la musica possa aiutare gli altri
Chiara Falcone | 28 settembre 2011

Ebbene sì, i Simple Plan sono finalmente tornati con Get your heart on! In questo album, oltre alle canzoni a cui ci hanno abituato e senza le quali molti di noi non li avrebbero apprezzati a sufficienza (You suck at love, Can't keep my hands off you o Summer Paradise, tanto per citarne solo tre!) ci sono altre fantastiche “chicche” che confermano la loro “duplice valenza di sciupafemmine da un lato e romantici dall’altro.
Abbiamo fatto qualche domanda a Sebastien, chitarrista del gruppo.
Seb, una canzone che ci ha molto colpiti del vostro ultimo album è This song saved my life: avete usato Twitter per realizzarla..
«Sì, avevamo deciso di scrivere una canzone su come la musica potesse avere effetti sulla vita degli altri. L’idea ci era venuta in mente grazie alle storie che avevano raccontato i nostri fans: ad esempio alcuni dicevano: “la vostra canzone mi ha aiutato a superare questo difficile periodo della mia vita”, o addirittura: “Non sarei qui oggi senza la vostra musica”. Così abbiamo deciso di contattare i nostri fans su Twitter e chiedere loro: “Come ti fa sentire la musica? Come i Simple Plan vi hanno aiutato in questi anni?” Le loro risposte sono diventate le frasi per la nostra canzone».
Che differenza c’è tra Get your heart on! e i vostri precedenti lavori?
«Credo che l’ultimo album sia un po’ più divertente, contiene canzoni più allegre. Quando abbiamo scritto il nostro precedente disco, alcuni di noi avevano seri problemi personali, quindi abbiamo scritto ciò che sentivamo in quel momento. Qui invece siamo tornati un po’ allo spirito dei primi lavori, ci siamo divertiti e forse c’è più energia».
Astronaut è una canzone che prova a spiegare quanto difficile sia farsi comprendere dagli altri. Tu ti senti compreso?
«Dipende: da alcune persone sì e da altre no! A un certo punto della tua vita tu senti la necessità di essere compreso e il risultato è che pensi che non troverai mai qualcuno che possa capirti in ogni caso, sempre. Così ti senti solo, isolato. Questa canzone rappresenta bene questa sensazione: trovarsi soli nello spazio con nulla attorno».
In questo album ci sono collaborazioni molto interessanti..
«Sì, tra le altre abbiamo collaborato con Natasha (Bedingfield, cantante pop britannica): per noi era la prima volta con una donna, ci siamo divertiti molto, è stata una bella esperienza. Lei è una rocker, fa canzoni interessanti e devo dire che è stata davvero un’ottima collaborazione».
Parliamo di un vostro bellissimo progetto: collegata al gruppo è una fondazione per aiutare persone malate di cancro. È un bellissimo esempio di come la musica possa aiutare le persone.
«Grazie! Abbiamo iniziato la nostra attività con la fondazione 5-6 anni fa con l’obiettivo di aiutare le persone con la musica. Lo stimolo, come sempre, ci è venuto dai fans. Decidemmo di aiutare le persone in maniera più concreta, e la maniera più concreta passa per i soldi. Così cominciammo a raccoglierli organizzando degli eventi speciali, in cui le persone pagando un biglietto un po’ più costoso potevano avere una bella esperienza con la band: non solo musica, ma anche cena, una chiacchierata con noi. Grazie a quei fondi possiamo sostenere associazioni internazionali per progetti benefici. La fondazione è un bellissimo progetto, ricopre un ruolo fondamentale nel nostro percorso».
Secondo voi i fans italiani sono diversi dagli altri?
«Sì, un pochino! Perché in Italia, e forse anche in Spagna, Brasile e Messico le persone sono davvero appassionate e lo dimostrano, urlando e cantando a squarciagola durante i concerti!».
Un saluto per i lettori di Zai.net?
«Certamente! Prima di tutto grazie per il vostro supporto, è molto importante per noi! Non vediamo l’ora di tornare in Italia: tenete d’occhio le date dei nostri tour e naturalmente…vediamoci al nostro prossimo concerto!».

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