Musica
Canzoni immortali
Woodstock 2.0
Vocal coach di XFactor e cantante di lunga esperienza, Paola Folli ha appena pubblicato la sua originale interpretazione del brano di Joni Mitchell che ha segnato un’epoca
redazione | 31 dicembre 2014
Da dove è partita idea di reinterpretare Woodstock?
Prima di tutto dall’amore che ho per Joni Mitchell da diversi anni, sia per la sua musica che per la parte testo. Credo sia una grandissima poetessa e i suoi testi sono quanto mai attuali, soprattutto Woodstock, che ha 40 anni ma potrebbe essere stato scritto due mesi fa. Lei aveva scritto questo brano per il famoso raduno del ’69 a cui non aveva potuto partecipare: nonostante questo ne aveva colto in pieno le emozioni e lo spirito.

Cosa significa per te questo brano?
Sono particolarmente legata al messaggio che contiene, di pace e di ritorno alle cose semplici. È un gran bel pezzo che nessuno aveva rifatto in chiave moderna: io non ho toccato nulla della parte melodica e testuale. Farlo uguale, però, non avrebbe avuto senso, anzi sarebbe stato un sacrilegio: ne ho quindi fatto una mia interpretazione.

Hai optato per un video di animazione, quasi psichedelico…
In realtà è un lyric video: la parte testuale di questa canzone è così importante che bisognava metterla in evidenza. Io poi volevo un video molto colorato. Ho deciso di non apparire proprio per non distrarre l’attenzione dalla potenza delle parole, come il verso senza età: “And I dreamed I saw the bombers […] And they were turning into butterflies”.

Sei un’artista poliedrica: nella tua carriera hai anche dato voce a personaggi d’animazione: com’è doppiare un cartone animato?
È meraviglioso! Poter dare la voce a una carota o a una gallina o a un personaggio simpatico per un bambino è sempre una cosa divertente, anche per noi che siamo grandi.
Il tuo primo amore è stato il jazz? Sì, anche perché all’inizio ho frequentato un’insegnante che era molto vicina al jazz. Poi ho vinto una borsa di studio di improvvisazione jazz e lì ho capito quanto è importante lo studio del linguaggio di questo genere musicale. Negli ultimi anni l’ho un po’ abbandonato per il pop: diciamo che vado un po’ a periodi, come Picasso!

Tu sei una bravissima vocal coach: che doti deve avere?
Deve essere prima di tutto un po’ psicologo: deve capire la personalità di chi ha davanti. Se lavora con un artista già affermato, deve comprendere cosa vuole ottenere e farlo in breve tempo; se invece ha a che fare con un artista emergente, deve saperne tirare fuori le potenzialità. In entrambi i casi, bisogna fare in modo che loro si fidino di te: solo così si possono ottenere risultati.

La tua più grande soddisfazione come vocal coach?
Sicuramente il lavoro con Michelle Hunziker a Zelig perché non aveva mai cantato: dal playback in studio si è passato al live, senza alcun ritocco. E ancora meglio con Vanessa Incontrada e Claudio Bisio. Loro non nascono cantanti, si sono fidati e affidati a me e abbiamo fatto cose meravigliose. Quando ottieni risultati da questi artisti è una grande soddisfazione. A volte i cantanti sono un po’ timorosi, mentre invece chi nasce attore si fida di più e in meno tempo ottiene ottimi risultati. E poi naturalmente i concorrenti di XFactor: son partiti pulcini e poi sono sbocciati.
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