Musica
“Plan De Fuga – Fase 1”: la necessità dell'italiano
Chiara Colasanti | 24 maggio 2015

L'esperienza più impattante a livello emotivo fino ad ora?
Marcello: Tante e diverse! Una delle prime, sicuramente, a livello di carriera dei Plan De Fuga, è stato l'Heineken Jammin' Festival 2010, perché comunque, trovarsi davanti a una miriade di 10000 persone, viste con la luce, viste tutte, che non ti conoscono perché sei appena nato dal punto di vista di conoscenza nazionale; che si aspettano gente del calibro degli Aerosmith, degli Stereophonics, ti guardano un po' così, cercano di entrare nel tuo mood e quando, dopo due o tre pezzi si galvanizzano per te, è un'esperienza sicuramente forte!
Filippo: Fino ad arrivare alla presentazione del disco, sabato scorso, che è stata meravigliosa: per la prima volta cantavo in italiano davanti a delle persone che mi guardavano e capivano... è stato qualcosa di pazzesco, è stato bellissimo ed è piaciuto molto! Ad un certo punto poi abbiamo fatto lo split della lingua, ed è stato stranissimo perché sembrava come se avessimo iniziato a fare le cover di noi stessi! Poi in America, un milione... a Chicago, suonare in un locale pieno di gente esaltata e paga il biglietto per sentirti, fa un certo effetto! Le jam session con il bassista degli Smiths a New York; suonare a Nashville nel rimorchio enorme di un camion, pieno di gente, dopo una kermesse di artisti country grossissimi... insomma, ne abbiamo vissute tante!
Marcello: Diciamo che per noi il live è una dimensione fondamentale: è la componente definitiva, perché tu scrivi e la soddisfazione personale puoi averla, ma comunque è la risposta di chi ti ascolta che ti dà risposte in tutti i sensi e le energie per andare avanti! Tante situazioni riescono a darti cariche diverse, ma servono tutte per farti proseguire sul tuo percorso!

 

Un consiglio che vi sentireste di dare a un teenager che sta muovendo i primi passi nel mondo della musica e che sogna di fare questa carriera?
Filippo: Aprire innanzitutto la mente, senza guardare solamente quello che “va” in quel momento perché sennò ci si preclude la maggior parte delle cose che ci circonda; avere una mente aperta, ascoltare tantissima musica, conoscere quello che è stato fatto nel passato, cosa c'è nel presente e provare a immaginare cosa può servire, cosa può essere davvero d'apporto, soprattutto per uno che voglia fare il musicista, a meno che non voglia suonare un genere preciso, per quale motivo, ma che voglia scrivere qualcosa che abbia un senso, un'utilità quantomeno, conoscerne il più possibile e capire da che parte sta andando il mondo, oltre che conoscere come si è fatti dentro: bisogna avere delle cose da dire, secondo me!
Marcello: Diciamo che è un percorso comunque molto tortuoso e complicato, aldilà dei generi e delle lingue, comunque non è, soprattutto in Italia, un mestiere facile, sicuramente pensare se davvero lo vuoi fare, se hai una motivazione forte, perché ti servirà e più hai urgenza di comunicare qualcosa che ti appartiene, più comunque, di fronte a tutto quello che ti verrà detto di buono o di cattivo, avrai una determinazione che ti servirà sul lungo termine, per riuscire a muoverti: i sacrifici da fare sono tanti!
Filippo: Non è solo cantar bene, suonar bene... non esiste solo il mondo dei talent show! Chi vuole fare questo mestiere deve sapere che questo mondo è decisamente diverso! Anche quelli che escono di lì, si rendono conto di come sia “fuori”: quel mondo è una cosa, si vive nei salotti e va benissimo, ma fuori di casa, la vita cambia.
Marcello: La selezione naturale è abbastanza drastica!
Filippo: Che si abbia successo o meno, se uno si sente di fare delle cose perché sente di non poter fare altrimenti, quella è un'urgenza artistica; poi c'è a chi “va di culo”, perché nasce da quel contesto, becca il pezzo giusto... ma sono due cose diverse. C'è da capire cosa ha maggior significato, cosa ne ha un po' meno e... ben vengano entrambe, l'importante è sapere che esistono entrambe e non solo una delle due. Non esistono solo i Led Zeppelin, come non esistono soltanto i talent show!

 

C'è una domanda che nessuno vi ha fatto a cui vorreste rispondere per parlare di qualcosa che vi sta a cuore?
Filippo: Diciamo che le nostre urgenze comunicative riguardano il testo, l'italiano, la nostra musica... Visto che si tratta di parlare ai giovani, ai ragazzi nelle scuole... Se qualcuno si interesserà a questa intervista, leggerà qualcosa e si interesserà a noi, di dare un'occhiata ai nostri testi, capire di cosa stiamo parlando perché il concetto è quello di evitare di essere un gregge, ma di ragionare con la propria testa e i giovani che sono il principale obiettivo delle mentalità di chi tira i fili di tutto e cerca di manipolarli devono stare particolarmente attenti a non cadere in queste trappole. C'è un grande mondo là fuori da scoprire, aldilà della televisione, di Facebook e di tutto il resto: un po' più di spirito critico e date un'occhiata anche a cose che non vi vengono messe sotto al naso.

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