Scienza
Nuove costituzioni
Mondo virtuale, diritto reale
Una commissione di studio alla Camera dei Deputati ha appena realizzato la bozza della Dichiarazione dei diritti su internet, che per la prima volta prova a sistematizzare la complessa questione di libertà e limiti sulla rete
Chiara Falcone | 31 dicembre 2014
L’Italia è una repubblica fondata su… internet. No, tranquilli, non abbiamo sbagliato citazione. Stiamo solo provando ad immaginare come potrebbe essere il primo articolo di una Carta Costituzionale dedicata ai diritti della rete. Sì, perché dopo il Brasile, anche l’Italia potrebbe avere a breve una sua costituzione che normi l’intricata foresta del mondo di internet.

GLI ESPERTI...
A questo scopo è stata istituita una commissione di studio alla Camera composta da 20 membri, 10 parlamentari di ogni schieramento politico e 10 esperti indipendenti, e presieduta da Stefano Rodotà. Spiega Lorella Zanardo, membro della commissione che da sempre si occupa di educazione ai media: «È una dichiarazione, non una proposta di legge: al momento abbiamo lavorato ad una bozza, abbiamo dato un contributo al dibattito indicando una direzione per possibili sviluppi che potrebbero diventare legge più avanti». Il risultato di questo confronto è una dichiarazione di quattordici punti che affronta differenti tematiche: dalla tutela dell’identità al diritto all’educazione.

... E LA CONSULTAZIONE PUBBLICA
Ma non solo esperti del settore: anche i cittadini avranno la possibilità di dire la loro attraverso una consultazione pubblica. Proprio come per “La buona scuola” del Governo Renzi, anche in questo caso dal 27 ottobre al 27 febbraio sarà possibile commentare e implementare la bozza licenziata dalla commissione. «È molto importante che le cittadine e i cittadini e anche voi ragazzi possiate dire la vostra – commenta Zanardo – su un tema che riguarda così da vicino la nostra vita quotidiana. Direi che è un’occasione da non perdere per arricchire il dibattito, partendo proprio dai bisogni e dalle problematiche che emergono nella vita reale». Insomma, internet non è solo roba da Azzeccagarbugli della tecnologia ed essere consapevoli delle sue potenzialità e dei suoi rischi è quanto mai fondamentale. Alla fine di febbraio il risultato di questa consultazione dal basso sarà vagliato dalla stessa commissione e i contributi migliori saranno integrati alla bozza fra i risultati definitivi.

VIRTUALE È REALE
Spesso, quando si parla di rete, social network e in generale di mondo virtuale, si tende a interpretare la nozione di diritto come assenza di limiti, come se al di là dello schermo, forse per l’intangibilità dei contatti, le maglie delle regole si allargassero fino a scomparire. «Su internet dovrebbero valere gli stessi diritti e gli stessi doveri cui una persona è soggetta nella vita reale. Se io insulto qualcuno per strada posso essere denunciato perché c’è una legge che lo prevede: cosa cambia se questo avviene in rete? Per troppo tempo si è creduto che il mondo virtuale fosse uno spazio con una libertà talmente infinita da non rispettare quella degli altri. E invece valgono le stesse regole della vita reale: questo in qualche modo limita la mia libertà di utente? Assolutamente no: semmai la garantisce», spiega Zanardo.

TRACCE INDELEBILI
Ricordate il mito di Teseo e Arianna, in cui la ragazza aveva dato all’eroe un gomitolo di lana per segnare il suo passaggio all’interno del temibile labirinto di Minosse? Ecco: quando navighiamo su internet anche noi lasciamo il nostro “filo” di ricerche, pagine visitate, foto uploadate sui social, dati personali registrati sui siti. Tutto questo bagaglio di informazioni, sebbene sembri niente più che qualche megabyte, costituisce in realtà una traccia indelebile di noi sull’etere. Pensate che le aziende prima di assumere si rivolgono sempre di più ai social network per cercare di inquadrare meglio la persona che dovranno valutare durante un colloquio di lavoro. Immaginate di aver postato, adesso che frequentate la scuola, foto sconvenienti, magari anche solo per scherzo. Cinque anni dopo vi presentate ad un colloquio di lavoro e quelle foto faranno parte del giudizio che i potenziali datori di lavoro avranno di voi, perché negli anni sono rimaste indicizzate nei motori di ricerca. È giusto? Continua Zanardo: «È una questione davvero complessa. Indubbiamente, se uno ha commesso un reato grave e poi vuole candidarsi per una carica istituzionale, quel fatto è importante e pesa sulla sua reputazione. Si tratta di barcamenarsi tra il diritto all’informazione e quello all’oblio, ovvero la possibilità di chiedere che venga cancellata la propria “storia virtuale”. Secondo me non è giusto che un’informazione rimanga disponibile in rete se non è di rilevanza pubblica». Il tema del diritto all’oblio è balzato agli onori della cronaca per una recente pronuncia della Corte di giustizia europea che ha condannato Google a cancellare i dati personali dei cittadini comunitari che ne facessero richiesta, “a meno che non vi siano ragioni particolari, come il ruolo pubblico del soggetto”. E proprio questo ribadisce l’articolo 10 della dichiarazione: “Ogni persona ha diritto di ottenere la cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento della loro raccolta, non abbiano più rilevanza”.

DIRITTO ALL’IDENTITÀ
Questo tema è strettamente connesso alla costruzione della propria identità su internet. Sembra un fatto banale, ma in realtà è molto facile che la nostra identità venga alterata in rete. Pensate se qualcuno rubasse una delle vostre foto pubblicate su Facebook, magari in costume, e decidesse di costruire un profilo fake attribuendovi caratteristiche che non vi appartengono. È un’operazione semplice che può arrecare danni seri. Per questo la Carta ribadisce che: “Ogni persona ha diritto alla rappresentazione integrale e aggiornata della propria identità in rete. La sua definizione riguarda la libera costruzione della personalità e non può essere sottratta all’intervento e alla conoscenza dell’interessato”.

PIÙ INFORMATI, PIÙ CONSAPEVOLI
Ma per far valere i propri diritti è necessario conoscerli: «I nativi digitali sanno usare internet, smartphone perché hanno familiarità con questi mezzi, ma questo non significa che abbiano imparato a conoscerli. Qualcuno può rubarmi l’immagine e farci un blog? Conosco tutti gli strumenti a mia disposizione? Credo che la scuola debba garantire una risposta a queste domande ed è per questo che ho lavorato all’articolo 13, relativo al diritto all’educazione», conclude Zanardo. La dimensione culturale, dunque, “costituisce un elemento essenziale per garantire l’effettività del diritto di accesso e della tutela delle persone”.
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