Scuola
"Piccola Mia", il teatro racconta alle scuole la morte per amore
A Lignano Sabbiadoro si riflette sulla violenza sulle donne e l’educazione all’affettività
Micol Ceretta | 6 dicembre 2018

L’idea di creare spettacoli per adolescenti riguardo a tematiche come la violenza contro le donne nasce dalla voglia di sensibilizzare e informare i giovani attraverso uno strumento molto efficace, quale è il teatro. Le sceneggiature, infatti, sono studiate in modo da permettere ai ragazzi di riconoscersi nei protagonisti, di emozionarsi, di porsi delle domande e di cercare le risposte nella propria quotidianità in un secondo momento.

Lo spettacolo Piccola Mia racconta storie di ragazze adolescenti morte per amore. O meglio, morte per mano di quello che si pensava essere il loro amore. Attraverso le storie di alcune giovani vittime si vuole far capire ai ragazzi che anche la più piccola mancanza di rispetto non può essere compensata o giustificata da un successivo atto di tenerezza.

In tutte le storie è ricorrente il tema della gelosia, descritta come “la più estrema forma di fragilità e insicurezza”. Gli attori fanno capire come il possesso non sia un’ulteriore conferma di amore, perché se in una relazione ci sono fiducia, rispetto e sincerità, non c’è bisogno di essere gelosi. Frasi come “sei mia” non sono dolci affermazioni perché, come un oggetto di nostra proprietà, quando ci si stanca non si pensa due volte a buttarlo via.

Venerdì 23 novembre le classi terze della scuola media G. Carducci e le classi prime, seconde e terze dell’Istituto Tecnico Economico – indirizzo Turistico – di Lignano Sabbiadoro hanno preso parte allo spettacolo teatrale Piccola Mia, a cura di Reggio Iniziative Culturali, inserito all’interno dell’iniziativa Se questo è amore... a cura dell’assessorato Pari Opportunità del comune di Lignano Sabbiadoro.

A fine spettacolo è stato possibile conoscere l’attrice Maria Antonietta Centoducati e l’attore Gianni Binelli, con cui si è potuto approfondire il tema e chiarire alcuni dubbi.

Agli attori viene domandato come mai, in tutte le storie narrate, i genitori e le autorità si siano rivelate impotenti davanti al problema, e subito viene data una risposta: mancanza di dialogo. Spesso, infatti, i genitori sono all’oscuro di tutto, così come gli amici, i professori e tutte le persone vicine alle vittime. Questo perché le ragazze che subiscono violenza si vergognano, si sentono inadatte e sbagliate, sia verso gli altri che, soprattutto, verso se stesse.

Alla domanda “come vi augurate che i ragazzi lascino il teatro una volta conclusa la rappresentazione”, gli attori rispondono che sperano che si portino a casa un’emozione, qualcosa su cui riflettere, degli interrogativi. E, soprattutto, il ricordo di queste ragazze che non ci sono più.

Il consiglio che si sentono di dare ai giovani spettatori è di non rimanere in silenzio, facendo di tutto per cambiare la propria situazione; perché è il silenzio che porta a queste tragedie, uscire dalla propria solitudine alla ricerca di risposte è il primo passo per uscire dal circolo vizioso della violenza.

 “Anche se abbiamo aiutato una sola ragazza” hanno concluso gli attori “abbiamo fatto tanto. Parlarne è importante, se non lo fai, non fai prevenzione”.

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