Sport
Storia di sprechi… Mondiali
Ecco cosa è accaduto agli stadi di calcio internazionali a competizioni finite
auroramil | 30 maggio 2019

Cosa è lo stadio? Il tempio del calcio, il massimo luogo di culto dove ogni weekend si incendia e si consuma la fede sportiva di migliaia di persone. In Italia e in Europa, siamo circondati da veri e propri monumenti sportivi: l’Olimpico nel cuore della nostra città, il Meazza a neanche troppi chilometri da casa, Camp Nou e Bernabeu in terra iberica, Anfield e Old Trafford oltremanica. È curioso quanto le infrastrutture sportive raccontino molto più di una moltitudine di seggiolini colorati: ogni anfiteatro calcistico è espressione della città e del paese in cui è immerso. Eppure la rassegna calcistica più famosa è tornata ad essere giocata nel nostro continente nel 2018, dopo ben 12 anni di assenza. Stiamo parlando dei Mondiali FIFA: a seguito dell’edizione tedesca del 2006, le migliori nazionali calcistiche sono prima volate in Sud Africa nel 2010, e poi nel Brasile carioca 4 anni dopo. Due paesi molto diversi tra loro, in cui però può scorgersi un macroscopico elemento comune: l’essere due grandi nazioni in via di sviluppo. Brasile e Sud Africa sono lontani migliaia di chilometri, eppure sono entrambi animati da grandi contraddizioni sociali ed economiche. Prima dei mondiali sudafricani, erano sorti diversi dubbi sull’effettiva capacità del paese di ospitare una manifestazione di tale portata. Il Brasile invece, dopo aver presentato la propria candidatura come paese ospitante, si era trovato unico concorrente, a seguito del ritiro di Argentina e Colombia. Nonostante ciò, entrambi i paesi sono stati scelti dalla commissione FIFA come host countries. In Sud Africa, prima del 2010, gli organizzatori hanno pianificato la costruzione di ben 10 stadi (2 nella sola Johannesburg), di cui il più imponente Soccer City Stadium conta più di 88 mila posti. Un progetto ambizioso, considerando anche l’altitudine a cui sono costruite diverse infrastrutture, ma soprattutto la modesta popolarità del calcio nel paese. Nel Paìs de Futebol, invece, 5 stadi sono stati costruiti da zero, mentre altri 6 hanno subito pesanti interventi di ristrutturazione. 

Cosa resta dopo i Mondiali nei paesi ospitanti? Indubbiamente il ricordo più indelebile sono proprio le magnificenti infrastrutture sportive, appositamente edificate. Per cominciare dal continente nero, in Sud Africa si fatica a trovare destinazioni precise e concrete a queste infrastrutture: ottimo esempio ne è lo stadio di Green Point a Città del Capo, che può ospitare fino a 55mila spettatori ed è costato 600 milioni di dollari. Oggi è casa dell’Ajax Cape Town, la più importante squadra cittadina, ma il contratto di affitto tra la società e la città ha rischiato di non essere rinnovato dopo i primi 4 anni. Il progetto originale era diverso: il Green Point Stadium dopo i Mondiali doveva trasformarsi in un centro sportivo polifunzionale. La situazione non migliora lasciando Cape Town: solo il Soccer City Stadium riesce a produrre degli utili, in quanto ospita artisti e concerti di caratura internazionale. Il Mbombela Stadium, invece, costruito ai margini del villaggio di Matsafeni, è un altro esempio di chiaroscuro sociale: alla popolazione locale erano stati promessi investimenti per le infrastrutture urbane, ma sono state realizzate solamente una nuova autostrada e una linea ferroviaria ad alta velocità. Qualcosa non torna, evidentemente. 

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