Attualità
Riempiamo di reale il virtuale, intervista al prof. Gianni Ciofalo
"Il tempo che passiamo su internet non è simulato. I social non sono distanti dalla vita"
Azzurra Trane | 14 aprile 2021

Passatempo, fonte di informazione, lavoro e vera e propria materia di studio. I social ci hanno catapultato in un’autentica rivoluzione culturale oltre che tecnologica, intorno a cui si sviluppano gli studi di professionisti come il Professor Gianni Ciofalo, che ci ha aiutato a capirne meccanismi e conseguenze al di là di ogni stereotipo. Professore Associato in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi e di Internet e Social Media Studies presso La Sapienza Università di Roma, Ciofalo sottolinea che “i social possono essere molto pericolosi e l’unica arma per difendersi è la conoscenza”.

Quando si è capito che i social avrebbero cambiato la comunicazione?

Il vero momento di svolta si è avuto verso il 2005. Sono gli anni della nascita di Facebook, Twitter e Youtube: i primi social in cui la condivisione, l’interazione e la visibilità sono più che mai potenti rispetto al passato. Da archivio, internet è diventato ambiente e quindi ha acquistato maggiore importanza anche culturale. 

Come cambiano i rapporti umani con i social?

Da un lato abbiamo un ventaglio amplissimo di opportunità relazionali; dall’altro tantissimi cortocircuiti relazionali. Bisogna sempre considerare che il tempo è concreto anche se lo spazio è virtuale. I boomer pensano che la dimensione social sia del tutto virtuale ma è qui che si innesca il cortocircuito. Questi due elementi sono invece integrati nel bene e nel male. 

Che impatto hanno avuto i nuovi mestieri nel mondo del lavoro?

L’impatto è disreattivo, ossia senza precedenti. La rete offre la possibilità di aumentare la visibilità, interagire con un numero di persone impensabile e condividere competenze e professionalità. Il digitale ci permette di immaginare percorsi professionali diversi dal passato ma questo non vuol dire che il principio del merito possa essere superato da scorciatoie tecnologiche. Ci sono potenzialità incredibili ma l’impegno, la costanza, la dedizione e la credibilità non vengono meno.

Da quando ci sono i social si è imposta la società dell’immagine?

In comunicazione il rischio più grande è quello di generalizzare e banalizzare. Tendo a credere che serva un approccio più equilibrato: certamente ci sono delle problematiche rispetto all’apparire, ma gli ambienti dei social sono tecnologicamente determinati ma culturalmente riempiti da noi. Siamo noi a scegliere come farli funzionare, le formule lasciamole ad altri ambiti.

Commenti