Attualità
Rivoluzione sì...ma con stile
Donne protagoniste, imprenditrici, emancipate e contro l’idea che la società ha di loro, anche quando si tratta di come vestirsi.I ragazzi del liceo Vittoria Colonna ci raccontano come si è evoluta la moda riscoprendo le stiliste del passato
M. Doria Riccardo, M. Pulcanò, G. Zizza, C. Mariotti, T. Gentili, S. Muscogiuri, V. Aleandri,V. Donini, M. Storti Gajani, V. Pinto | 4 settembre 2017

La sfida è di far credere le donne nel loro potere. ‘Donna come vittima’ è un’idea il cui tempo è passato” sostiene la femminista Wendy McElroy e non sono poche le donne che l’hanno vinta e sono riuscite a dimostrare il loro valore: Marie Curie fu la prima scienziata donna della storia; Rita Levi Montalcini vinse il premio Nobel per la medicina; Giovanna d’Arco cambiò le sorti del regno di Francia; Coco Chanel rivoluzionò il mondo della moda del secolo scorso. 

Un excursus nella storia della moda per affrontare i cambiamenti introdotti da donne che sono state imprenditrici oltre che stiliste, partendo da Coco Chanel, la più conosciuta.

Gabrielle Chanel, detta Coco, nasce in Francia nel 1883 e trascorre gran parte della sua infanzia in un orfanotrofio. Nonostante le sue origini umili e gli ostacoli imposti dalla società dell’epoca, Coco fece della moda la sua vita e divenne una delle modiste più acclamate del suo tempo. Chanel grazie alla sua creatività riuscì a rivoluzionare il modello di bellezza femminile del ‘900. La stilista francese credeva in un tipo di donna emancipata, dedita al lavoro, libera dalle etichette e dotata di autoironia e lottò per ottenerlo; si fece portavoce di uno stile sobrio ed elegante che rese i suoi capi inconfondibili. In buona sostanza si può dire che Coco Chanel, tra gli anni ’20 e ’30, rimpiazzò il vestiario poco pratico della belle époque con una moda dinamica e semplice, capace di rendere unica ed irresistibile ogni donna. 

Negli anni ’60 la moda abbandona i canoni raffinati introdotti da Chanel e si dirige verso dei modelli anti-convenzionali ed alternativi; vengono introdotti nuovi materiali, come cellophane e metalli, con motivi molto colorati e temi azzardati. Molte stiliste iniziano a creare forme sempre più corte e geometriche dai tagli alternativi: Mila Schön introduce il double face, Sandra Rhodes propone la tuta stampata e Ossia Clark disegna giubbotti in pelle da motociclista. Tra le stiliste famose degli anni ’60 spicca Mary Quant che produce abiti a buon mercato e inventa la minigonna. La Quant nasce a Londra nel 1934 e sulla Kings Road apre una boutique che tra i giovani ha successo immediato. La stilista londinese sente la necessità di un cambiamento che possa attirare l’attenzione e spezzare la tradizione; spinta da questi ideali la Quant lancia la minigonna nel 1966, rompendo finalmente i legami della moda con il passato. La minigonna diventa simbolo di avanguardia ed emancipazione e permette alla creatrice di raggiungere l’apice del successo. L’invenzione di questo nuovo capo d’abbigliamento dette adito ad animati dibattiti, proprio come aveva fatto un’altra invenzione: il bikini. Quest’ultimo, lasciando scoperto gran parte del corpo femminile, aveva destato grande clamore tanto che in molti paesi il suo utilizzo era proibito. Così come la minigonna della Quant, anche il bikini costituì al tempo un simbolo di emancipazione in quanto permetteva alla donna di mostrare le sue forme.

Tutte queste creazioni diedero spinta alle lotte femministe, conducendo la moda femminile e le donne in generale verso la modernità, fatta di libertà espressiva e d’azione. L’emancipazione passa anche attraverso ciò che si indossa: la donna che lavora e prende in mano la propria esistenza non può certo essere ingabbiata in corsetti e sottogonne.

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