Musica
Le sfumature musicali di Itziar Ituño
L’ispettrice Murillo della serie "La Casa di Carta" denuncia attraverso la musica la drammatica situazione dei popoli in Amazzonia
Chiara Colasanti | 1 febbraio 2019

Il vostro impegno per i popoli indigeni dell’Amazzonia è fortissimo: potete dirci nello specifico quale situazione state denunciando e state portando sotto i riflettori con la vostra musica?

Per quarant’anni lo stato peruviano ha venduto parte delle foreste alle aziende petrolifere che per svilupparsi hanno sfruttato il territorio, prendendo sotto gamba la questione delle condutture, che nel corso del tempo si rompevano e inquinavano. Non si sapeva dell’esistenza di queste perdite, quindi la gente mangiava pesce contaminato, verdure annaffiate con acque inquinate. Moriva e non si sapeva perché. Siamo indigeni e non dovevamo sapere cosa stesse succedendo e di cosa stessimo morendo: abbiamo sempre dato tutta la colpa alla stregoneria. Fino a quando non sono state fatte delle ricerche da parte degli enti governativi che hanno scoperto che le nostre terre, le nostre acque, gli animali e perfino l’aria avevano altissimi livelli di metalli pesanti. Insieme all’organizzazione Cuatro Cuencas abbiamo deciso di appoggiare questa gente, divulgando i risultati delle analisi, denunciando quello che è successo e continua a succedere da troppo tempo.

 

Cantare in euskera non è sicuramente una scelta facile, pensando a una promozione internazionale del vostro repertorio: che rapporto avete con la vostra lingua materna?

Per noi non è stata una decisione difficile: abbiamo iniziato a scrivere le canzoni in maniera molto spontanea e sin dall’inizio avevamo chiara la nostra decisione. Il fatto di cantare in euskera viscaino – Viscaia è la provincia dalla quale veniamo, eccetto Roberto che è di Quitos – che di suo è un euskera ancor più a rischio di scomparsa, è stato naturale: abbiamo scelto l’opzione “esotica” e non ci eravamo prefissati uno sguardo internazionale. Lo facevamo semplicemente perché siamo un gruppo di qui. Volevamo dare una spinta alla nostra lingua, alla nostra cultura, senza pensare di voler diventare famosi a livello internazionale, ecco! La visione era un po’ più piccola ma non la cambieremo, perché ha fatto sì che l’euskera fosse leggermente più conosciuto nella mappa del mondo. Era ed è quello che maggiormente ci interessa!

 

Come descrivereste la situazione attuale in Spagna tra questione catalana e questione basca a chi, all’estero, non sa nulla di quello che succede a livello interno?

Sono molti anni che viviamo queste situazioni qui nel Paese: ormai non è una novità, la diamo un po’ per scontata, non facendoci più caso. Si lotta per l’indipendenza da molto tempo. Adesso siete focalizzati sulla questione catalana perché è quella che sta facendo più scalpore a livello internazionale e vi suona come una novità, ma noi stiamo combattendo per l’indipendenza da molto di più. La Spagna intera è un puzzle di culture e di lingue, però chi vive al di fuori del Paese non se ne accorge: i galiziani, gli andalusi, i catalani, gli aragonesi sono tutti popoli differenti che devono imparare a vivere insieme e non è per nulla facile. La Spagna non esiste, la Spagna è un’invenzione.  

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