Arte
Siamo tutti Cinzia Otherside
Leo Ortolani ha da poco pubblicato Cinzia, una storia d’amore che affronta i temi della ricerca di se stessi e della transessualità
Gaia Di Paola, 18 anni | 1 febbraio 2019

Cinzia così estremizzata, così provocatoria, così debordante, così magnificamente Cinzia, è il filo conduttore di questa parabola che è allo stesso tempo storia di un ratto qualunque che diventa un eroe, di una gag che diventa una saga epica, di un vignettista che diventa un autore di grido, di uno spillato autoprodotto che diventa una graphic novel con distribuzione in libreria e variant cover di lusso. E di un uomo che, sentendosi donna, pur sapendo di sembrare una “macchia su una moquette intatta” agli occhi altrui, diventa finalmente se stessa. Ed è per questo che un’opera come Cinzia oggi è più importante che mai, più importante di mille articoli, commenti e talk show disinformati e pressapochisti: perché chiunque in questa enorme transizione, in questi cambiamenti (impossibili anche solo da immaginare prima del loro effettivo svolgimento), in questa serie di fortunati eventi, può rispecchiarsi tranquillamente. Perché siamo tutti, in certi momenti della nostra vita o forse sempre, Cinzia Otherside.  

E se anche questo non bastasse, siamo certi che le parole di Leo Ortolani stesso sapranno rendere il concetto in maniera ancora più chiara.

 

Dal tuo lavoro emerge la volontà di abbattere i recinti delle definizioni. A tuo parere quanto le etichette possono aiutare una persona ad affermare la propria identità, e quanto invece possono essere considerate una sovrastruttura da cui liberarsi?

All’inizio del proprio percorso ogni persona ha bisogno di capire chi sia e di riconoscersi in un gruppo. È molto naturale e istintivo. Così come gli adolescenti devono esprimere la loro personalità attraverso mode e movimenti, legandosi ad amici con gli stessi interessi, perché in gruppo si è più forti, anche chi ha un orientamento sessuale visto come diverso dalla società entra in gruppi di persone simili, per difendere i propri diritti e combattere insieme le eventuali discriminazioni. Ora, io ho fatto parte di diverse associazioni, nel tempo, a seconda della mia maturazione e della mia crescita personale. Generalizzando, pur riconoscendomi nello scoutismo per condivisione di ideali, c’è stato un momento in cui ne sono uscito perché la mia visione si era allargata. 

Quindi, ben vengano le associazioni e i gruppi, in cui si può crescere e condividere parte dell’esperienza di vita, ma non commetterei mai l’errore di ritenere qualcosa “per sempre”. Così non credo si possa dare un giudizio assoluto sulla presenza delle associazioni. Servono moltissimo a chi è in cerca di confronto. Possono diventare recinti o barricate, se non si riesce ad andare oltre a questo gradino di crescita, se ci si barrica dietro le sigle per dividere le persone tra “noi” e “loro”. Occorre coltivare sempre il confronto anche e soprattutto con le persone che non sono all’interno delle associazioni.
 

Il lettore di fronte alla storia potrebbe ritrovare tre trasformazioni: quella da uomo a donna per cui lotta Cinzia, quella da comprimaria iniziale in Rat-Man a protagonista assoluta, e quella dalle tue radici nel fumetto seriale ad autore di graphic novel. C’è una causa comune che ha generato questi cambiamenti? Sarebbe stato lo stesso se avessi usato un altro formato?

Io spero che il lettore scopra soprattutto che leggere Cinzia trasforma la giornata da normale a favolosa. Tutto il resto è una normale evoluzione dell’autore e di conseguenza dei suoi personaggi e del suo modo di produrre storie. Ho già trattato l’argomento in maniera più sussurrata ma ugualmente profonda nella serie di Rat-Man. Chi ha letto quelle storie lo sa bene. Diciamo che usare un romanzo a fumetti ha portato Cinzia all’attenzione di un pubblico meno interessato a scavare all’interno di una produzione ventennale – quella della serie da edicola – e più propenso a lasciarsi coinvolgere da una lettura singola, come quella di un libro.

 

Si è scatenato un autentico dibattito attorno alla graphic novel. Il fatto che parte del pubblico l’abbia recepita come un atto politico è indice di una ghettizzazione persistente della transessualità o esprime il bisogno di parlare di questa tematica, spesso trascurata dai media ufficiali? 

Cinzia racconta innanzitutto una storia d’amore. E lo fa con un tono volutamente leggero, quasi da commedia americana cinematografica, come i film di Billy Wilder. Questo era il mio intento e credo di esserci riuscito. Ovviamente, narra anche la vicenda di una donna transessuale e degli ostacoli che si trova ad affrontare. Poco tempo fa, una lettrice transessuale si complimentava per come avessi trattato la questione dei dati scritti sui documenti, perché anche solo mostrarne alcuni in cui il nome sia ancora quello “vecchio”, può creare diverse difficoltà (fino a una sentenza del 2015 in Italia si poteva cambiare nome e sesso sui documenti soltanto dopo aver ottenuto e fatto l’operazione di cambio dei genitali, ndr). Quindi molti lo hanno trovato interessante dal punto di vista politico, soprattutto nel momento attuale “del cambiamento”, dove l’ignoranza e il pregiudizio si sono rafforzati come non si vedeva da tempo. La scoperta di nuove letture che l’autore non pensava di avere inserito nella propria storia credo sia dovuta al fatto che noi fumettisti siamo come dei ripetitori: assorbiamo segnali lanciati dalla realtà e li rielaboriamo. La scrittura di Cinzia era forse una risposta leopardata a tutte le intolleranze che vorrebbero imporre chi può esistere e chi no. Ben venga se questo porta a parlare dell’esistenza della transessualità. È solo una delle tante cose che esistono da sempre e fanno parte della normalità umana. Che piaccia o meno ai “normali”. 

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