Musica
Successi mondiali. Il settimo album dei Nickelback è già un must
Un “carpe diem” a suon di rock
Torna dopo tre anni la band canadese con “Here and now” su etichetta Roadrunner Records e Warner Music. Un disco caratterizzato da sonorità accattivanti e un esplicito impegno sociale
Elena Prati, 19 anni | 2 dicembre 2011

Milano. Hotel Park Wyatt. Ore11. Non senza un po’ di timore mi trovo di fronte ai Nickelback, che pubblicano un nuovo album a 10 anni dal loro debutto nello star system, con la famosa How you remind me. Hanno venduto più di 50 milioni di dischi nel mondo: quanto i Beatles in America. E il 26 novembre hanno presentato Here and now, tre anni dopo l’ultimo grande successo: Dark Horse. Ho l’opportunità unica di intervistarli: metto da parte la paura ed ecco la prima domanda.
Sono passati 10 anni dal vostro debutto. Si può dire che c’è una sorta di collegamento ideale fra l’evoluzione del mondo e la vostra crescita musicale?
«Assolutamente sì. Ci riteniamo fortunati perché noi abbiamo iniziato in un momento in cui la gente comprava ancora i dischi e non scaricava illegalmente la musica. Oggi è difficile che questo accada e ci dispiace per le band che provano ad avere successo ora. Abbiamo scritto When we stand together (il primo singolo estratto dall’album) con l’intento di creare una consapevolezza sociale. Non è il solito testo dei Nickelback, è un brano che vuole portare la gente a non cambiare canale quando alla tv passano delle notizie allarmanti o tragiche. Siamo convinti che, se ci credessimo tutti, tutta l’umanità, potremmo davvero eliminare questi problemi in poco tempo».
Secondo voi è compito di una band di successo interessarsi dei problemi sociali come, ad esempio, hanno fatto gli AC/DC?
«Certo. Ogni volta che una canzone passa alla radio o un video è trasmesso su Mtv tutti sono pronti a sentire i Nickelback che parlano di feste e di divertimento. Ovviamente ci piace essere così, noi siamo stati con la nostra musica l’elemento di fuga dalla realtà e dai suoi problemi. Ma non potevamo più essere solo quello. Abbiamo tutti bisogno di ricordarci che il mondo ha problemi che devono essere risolti. Anche gli AC/DC hanno fatto dei pezzi impegnati, ma non per questo li si ama di meno».
La vostra è la classica storia del gruppo rock che parte un po’ aspro e poi addolcisce i suoni crescendo?
«In un certo senso sì. Eravamo stufi di vedere solo ragazzi ai nostri concerti, volevamo che ci fossero anche delle donne! La verità è che, se fai sempre lo stesso genere, diventi noioso. Nei concerti, poi devi pensare al tuo show come ad un film: con momenti di tensione, adrenalinici, e momenti più calmi. Anche i Metallica e i Foo Fighters fanno dei live che sono un continuo su e giù di suoni».
Il tour del 2012 sarà mondiale? Che cosa dobbiamo aspettarci?
«Noi speriamo di fare dei grandi concerti. Il tour comincerà ad aprile 2012 negli USA e alla fine dell’anno arriveremo in Europa. Stiamo ancora pensando a come organizzare il palco per fare davvero un grande show: vorremmo esportare qui quello che facciamo in America, anche se non è sempre possibile perché i pubblici sono diversi. Ma soprattutto vogliamo far divertire tutti!».

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