Attualità
Città metropolitane più eque? Adottiamo le economie trasformative
L'esperienza del Covid ci dà uno spunto per cambiare davvero modello: dal capitalismo, che mercifica ogni cosa, alle economie “umane”, solidali e trasformative, che permettono di prendersi cura di sé, degli altri e del pianeta
Goffredo Biava | 26 aprile 2022

L’esperienza del Covid ha acuito le grandi difficoltà che molti cittadini vivono all’interno delle grandi città. Studi recenti hanno documentato la presenza di alte percentuali di povertà e tassi di disoccupazione, di disagio sociale e di grandi disuguaglianze tra le aree urbane delle città metropolitane. I quartieri di Roma, ad esempio, sono fortemente disuguali. Si tratta di una disuguaglianza non solo in termini di reddito ma di opportunità.

Un centro benestante e una periferia disagiata

Nascere in un quartiere rispetto ad un altro significa avere più opportunità. È quello che è emerso dagli studi di tre ricercatori di Roma, Federico Tomassi, Keti Lelo, Salvatore Monni, che hanno diviso la Capitale in 155 zone urbanistiche. I dati raccolti nei loro studi sono stati rappresentati attraverso mappe che illustrano il patrimonio sociale della Città, le differenze tra le zone urbanistiche, dipingendo, nella sostanza, un centro benestante ed una periferia disagiata.


I modelli di sviluppo della città, oggi utilizzati, sono stati messi in discussione poiché hanno dimostrato l’incapacità di risolvere queste disuguaglianze. C’è quindi bisogno di riconoscere e sostenere modelli e strategie che funzionano. 
 

Le economie trasformative

In questo scenario, una assoluta novità è rappresentata dalle economie trasformative, intendendo con questo termine tutte quelle pratiche che in diverso modo si stanno sviluppando nel mondo, con lo scopo di promuovere un nuovo paradigma di sviluppo che sostiene i principi di una economia solidale con l’aiuto di numerose associazioni di giovani, della Caritas e aggregazioni di individui che si auto organizzano grazie al loro senso di comunità e alla loro capacità di trasformare le problematiche sociali in ricchezza e soluzioni.

Basti pensare ai modelli che si sono già affermati nel mondo nei settori dell’agricoltura innovativa. I mercati contadini di cui in Italia esiste una rete socio-solidale nel Salento chiamata “Olre Mercato Salento” o la rete dei mercati contadini nati in Spagna. Si tratta in sostanza di spazi pubblici in cui una molteplicità di agricoltori si incontrano per vendere i prodotti delle rispettive aziende direttamente ai consumatori. I mercati contadini possono essere gestiti dalle municipalità o da privati con lo scopo di sostenere i canali di distribuzione di distanza breve creando relazioni dirette tra produttori e consumatori. Per aumentare poi la diffusione di questa pratica e accrescere l’informazione sui prodotti locali e sulla biodiversità della regione, vengono organizzati seminari e degustazioni di cibo. 

L’esempio citato è solo uno dei tanti modelli delle cosiddette economie trasformative e si tratta di modelli che possono essere imitati in tutti i Paesi del mondo. Tali economie si fondano sul capitale sociale, sull’importanza del lavoro di rete, cioè sulla necessità di collegare tra loro le realtà che operano in un determinato settore e scambiano informazioni sui lavori svolti e sulle metodologie adottate. 

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