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Tommaso Caligari: l’invenzione del “Parkinson Detector” e l’amore per l’informatica
A soli 17 anni sviluppa un dispositivo che aiuta nella diagnosi in fase precoce della malattia. Ecco chi è Tommaso Caligari e come è riuscito a creare uno strumento che potrebbe aiutare migliaia di persone
Gaia Canestri | 16 febbraio 2024

Tommaso Caligari frequenta il quarto anno all’Istituto Tecnico Industriale Omar di Novara, nel gruppo elettronica e robotica. Da quando è piccolo è appassionato di informatica ed elettronica, passione che lo ha portato a soli 17 anni a realizzare un complesso dispositivo per rilevare la malattia del Parkinson.

In cosa consiste la tua invenzione?

Si tratta di un dispositivo di intelligenza artificiale che è in grado di rilevare la malattia di Parkinson in fase precoce e di aiutare il medico nella fase di diagnosi iniziale. Il dispositivo è composto da due telecamere contrapposte tra loro disposte ai due lati di una stanza così da poter analizzare sia il lato destro che il lato sinistro della persona.

Come funziona?

L’esame consiste nel far camminare il paziente tra le telecamere, i dati vengono poi trasmessi all’intelligenza artificiale che tramite un algoritmo rileva l’oscillazione degli arti, in particolare di quelli superiori perché la ricerca scientifica ha evidenziato come uno degli indicatori precoci della malattia sia proprio l’oscillazione anormale di questi. Il lavoro dell’intelligenza artificiale nel progetto è quello di comparare i dati del paziente con un database di persone sane e affette da Parkinson per vedere se sono presenti asimmetrie o alterazioni.

Come ti è venuta questa idea?

Mio nonno era affetto da questa malattia e l’idea mi è venuta proprio negli ultimi momenti in cui era ricoverato. Parlando con i medici sono venuto a sapere che esistono dei marcatori per rilevare la malattia in fase precoce e che uno di questi riguardava le alterazioni di oscillazioni degli arti. Io sono da sempre appassionato di elettronica e informatica, così ho pensato di provare a sviluppare un dispositivo che potesse rilevare questo disturbo e aiutare i medici nella diagnosi.

Sul ruolo dell’intelligenza artificiale si è discusso molto nell’ultimo anno: c’è chi teme che possa sostituire e ostacolare il lavoro umano e c’è chi invece la valuta come uno strumento rivoluzionario ed efficace per affiancare gli uomini. Tu da che parte sei?

Io sono molto a favore dell’intelligenza artificiale perché potrebbe davvero rilevarsi un grande strumento di aiuto se affiancata alle professioni già esistenti nel modo corretto. Pensate a quanto potrebbe ridurre la percentuale di errore se utilizzata nella diagnosi delle malattie. È vero, in alcuni ambiti potrebbe diventare più pericolosa che in altri, ma proprio per questo c’è bisogno di informazione e formazione su questa tematica.

Si dice spesso che la nostra è una generazione di ragazzi svogliati e stanchi, come hanno reagito gli adulti alla tua invenzione? Ti hanno supportato?

Dagli  adulti ho ricevuto molto supporto, soprattutto quando ho proposto di sperimentare il mio dispositivo: gli adulti hanno subito accolto la mia idea e mi hanno aiutato nel collaudo, stessa cosa per i miei compagni e i miei amici che mi hanno sempre sostenuto.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?

A volte penso che mi piacerebbe fare ricerca all’MIT, Massachusetts Institute of Technology, a Boston. Mi piacerebbe anche creare un’azienda tutta mia e continuare a sperimentare e inventare.

Cosa diresti ai tuoi coetanei che, come te, hanno un sogno nel cassetto da realizzare?

Coltivate la vostra passione sempre, soprattutto se questa può diventare d’aiuto per qualcun altro, o addirittura salvargli la vita.

 

 

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