Attualità
New marketing: la behavioural economics
Le false coincidenze del web
La rete ci conosce meglio di quanto immaginiamo: quando navighiamo su internet lasciamo involontariamente delle tracce e, di conseguenza, anche molte notizie su di noi
Claudia Rizzo | 17 dicembre 2015

Vi sarà capitato sicuramente, navigando sul web, di ritrovarvi davanti un annuncio pubblicitario che sembra diretto proprio a voi: prodotti che avete cercato su siti di e-commerce, offerte di voli aerei che avete prenotato online, siti che frequentate abitualmente. Insomma, il mondo di internet sembra conoscerci più di quanto pensiamo. Ma com’è possibile?

La questione è complessa e si basa su una tecnica di marketing, la behavioural economics, che sta avendo sempre più successo nel mondo di internet. 

In passato, infatti, la pubblicità era rivolta alla “massa” dei consumatori, perché le aziende non avevano gli strumenti per determinare chi si trovasse in effetti dietro lo schermo: l’unica possibilità per rendere più efficaci gli spot televisivi era quella di trasmetterli a un determinato orario in base al target di riferimento. È per questo che, ad esempio, le pubblicità di giocattoli vengono inserite nell’orario in cui le emittenti trasmettono i cartoni animati. Questa tecnica aveva però dei limiti di efficacia: grazie alle opportunità commerciali offerte dal mondo di internet è andata perfezionandosi, puntando sempre di più a personalizzare l’annuncio pubblicitario in base al soggetto a cui è diretto. Ma come ci si riesce tecnicamente? Grazie ad alcune tecniche di profiling che permettono alle aziende di raccogliere dati sulle nostre abitudini online, sui siti che frequentiamo, sulle ricerche che facciamo, in modo del tutto inconsapevole – o quasi – da parte nostra. Una di queste tecniche è quella dei cookies, dei codici inseriti nei siti web che servono a registrare la presenza dell’utente sul sito. Alcuni di questi, i “cookies tecnici”, sono necessari per la navigazione, ma altri, i cosiddetti “cookies di profilazione” servono esclusivamente a creare un profilo dell’utente per offrirgli annunci pubblicitari attinenti ai suoi gusti. Anche tra i cookies di profilazione c’è una distinzione da fare: possono essere “di prima parte”, ovvero utilizzabili solo dal sito stesso, o “di terza parte”, a disposizione di altri siti interessati a quei dati. Insomma, in questo modo la pubblicità analizza le nostre abitudini, impara chi siamo e cosa vogliamo e ce lo propone.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione in campo pubblicitario: gli annunci che si basano su questa strategia sono molto più efficaci e risultano anche meno fastidiosi, perché veniamo a conoscenza di prodotti a cui, almeno secondo i dati che involontariamente forniamo, siamo realmente interessati. Tuttavia, dal punto di vista del consumatore, queste tecniche di profiling possono risultare invasive e poco rispettose della privacy. Per questo i Governi stanno cercando di regolamentare l’uso dei cookies: a partire da giugno 2015, con un provvedimento del Garante per la Privacy, ogni sito che ne fa uso per scopi pubblicitari è ora obbligato a informare l’utente e a chiedere il suo consenso. Basta fare un po’ di attenzione.

 

 

 

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