Cinema e Teatro
I fantasmi dell?anima
Dal 7 al 12 maggio allo Stabile di Genova ?Shining City? di McPherson, uno spettacolo che indaga paure, sensi di colpa e desideri dell?uomo. Ne abbiamo parlato con uno dei registi, Tommaso Benvenuti
Francesca Pastorino | 27 aprile 2013
McPherson è stato definito dal London Telegraph come ?il più raffinato drammaturgo della sua generazione?: quali le difficoltà nel mettere in scena l?opera di un artista di questo calibro?
È stato un percorso lungo perché sia l?autore sia il testo erano ?sostanziosi?. Gli attori della compagnia si sono messi insieme dopo l?uscita dalla Scuola del Teatro Stabile; tutti entusiasti del teatro moderno, hanno sempre tenuto nel cassetto dei desideri quest?opera, che esprime la stagione più matura della produzione dell?autore.

E nello specifico rappresentare Shining City?
Indubbiamente Shining City spaventa per la sua complessità: McPherson descrive personaggi e storie in un testo teatrale che sembra più una dettatura cinematografica; l?azione teatrale si esprime con la narrazione. Questo pone attori e registi davanti ad alcune scelte difficili e ad alcuni paletti narrativi: bisogna capire l?integrità delle battute stesse, perché McPherson usa delle frasi spezzate, dei discorsi interrotti, spesso la situazione si crea durante le battute che scrive. È stata un?ardua impresa che abbiamo affrontato insieme - compagnia e registi - con la massima umiltà e al tempo stesso con la minima preoccupazione di doversi confrontare con un mostro sacro.

Voi stessi avete definito il teatro di McPherson un teatro ?umanista?: che significa?
L?autore scava una sorta di conca nell?animo umano, in realtà lui l?uomo non lo descrive attraverso uno stato singolo, ma lo percepisce attraverso il dialogo e il confrontarsi con il mondo e con la società. Non dobbiamo poi dimenticare che il testo stesso è tutto incentrato in uno studio di uno psicoterapeuta e quindi già di base racconta lo scavare nelle persone.

La storia parla di un fantasma che appare a uno dei protagonisti, John: cosa simboleggia?
Se si segue il racconto al livello testuale, il fantasma è lo spettro del senso di colpa. A nostro avviso, però, è una salvezza: il fantasma è un senso di colpa non fine a se stesso, ma un?opportunità di togliersi dall?empasse, qualcosa di talmente forte che valica la percezione umana. Dal punto di vista dello spettacolo, è una scena di grande effetto per il pubblico, uno scarto di linguaggio dal terreno all?ultraterreno.

Dal punto di vista registico quali sono le scelte che hanno personalizzato questo testo?
Sia io che Matteo abbiamo scelto di avere una finestra rappresentata in scena, una finestra figurata ma concreta, che rappresentasse un?apertura sia su quello che c?è di fuori, sia su quello che c?è pragmaticamente dentro di noi. Lo studio è rappresentato in maniera veristica: c?è la seduta per il paziente, le luci da interno. Ci siamo poi interrogati sul titolo, che prelude a una certa brillantezza: nel testo è posta attenzione alle luci in maniera cinematografica; noi invece nella nostra resa teatrale abbiamo voluto scartare questa imposizione.

Come ha lavorato con gli attori?
Un encomio non scontato va a tutti gli attori, che hanno avuto a che fare con un testo molto difficile. Sono stati tutti concentrati e innamorati dell?opera, dei personaggi: ci abbiamo messo insieme l?anima e la testa.
Questo spettacolo tratta temi sempre attuali - chi non ha uno scheletro nell?armadio o qualche fantasma - e il teatro ne parla attraverso un linguaggio unico.

Quanto è importante il palcoscenico nella nostra società?
Ognuno attribuisce un?importanza alle cose che gli piacciono e quindi nelle cose in cui si riconosce. Magari oggi il teatro non è tra quelle perché il teatro che si fa adesso, quello che va per la maggiore, ha smesso di parlarci. Al tempo stesso, però, la crisi ha costretto le varie forze sparse a creare nuove sinergie: penso che potrebbe essere un punto di partenza, soprattutto per riavvicinare i giovani. Il teatro non è morto, ci sono i tizzoni sotto la cenere, basta riattizzarli!
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