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Pizza o sushi?
Una recente ricerca condotta dalla Società italiana di medicina per l’adolescenza e da Laboratorio Adolescenza in collaborazione con Coop ci racconta le abitudini alimentari degli adolescenti italiani, tra cibo etnico e tradizione italiana
La Redazione | 5 novembre 2015

Non sempre fanno colazione tutti i giorni, mangiano poco pesce e non sanno cosa sia una filiera   corta.   Questo   l’identikit   degli adolescenti fornito dalla ricerca “Adolescenza: alimenti per crescere”, condotta da Sima – Società italiana di medicina per l’adolescenza – e Laboratorio Adolescenza in collaborazione con Coop, presentata il 19 settembre scorso a Expo.

L’indagine, che ha  coinvolto  oltre  2000  ragazzi, ha l’obiettivo di fotografare  gli  stili  alimentari  di noi adolescenti e le nostre conoscenze in campo agroalimentare. Cosa è emerso dalla ricerca?

 

 

Prima di tutto che c’è una grande differenza fra la teoria e la pratica: se infatti per la maggior parte di noi non è un mistero che tipo di nutrienti contengano gli alimenti come la frutta, solo il 32% di noi fa cinque pasti al giorno. Il 15% non fa mai colazione, o la fa raramente.

«Una cosa è prendere coscienza – spiega Maurizio Tucci, presidente di Laboratorio Adolescenza – un’altra è avere compreso la situazione. Sono moltissime le ragazze che non fanno colazione perché pensano che in questo modo possano dimagrire. Dobbiamo lavorare  sullo  smantellamento  dei  preconcetti: si deve far capire loro che non basta riempire meno lo stomaco per dimagrire, anzi non fare colazione è il miglior modo per ingrassare». E vari  sono i “preconcetti” emersi dalla ricerca: ad esempio, oltre il 40% degli intervistati pensa che i legumi siano fatti di vitamine (32,8%) e carboidrati (10,6%). E che dire della filiera corta? Solo il 16% ha risposto correttamente alla domanda su cosa sia, e più di un ragazzo su tre non ne ha mai sentito parlare, come non ha mai sentito parlare di commercio equo e solidale. Paradossalmente, però, il 76% ritiene che conoscere la “filiera” dei prodotti alimentari ci aiuta a scegliere bene. Anche sugli OGM c’è grande confusione: uno su due sostiene che un prodotto OGM si riconosce dall’aspetto.

D’altra parte, si riscontra un interesse per lo spreco alimentare: se ne parla spesso in famiglia, e ci si interroga sulle cause. Si tratta di un tema chiave, perché ogni anno le famiglie italiane buttano letteralmente tonnellate di alimenti, con uno spreco economico di 9 miliardi l’anno. Secondo il 30% dei ragazzi, questo accade perché “per avere prezzi più bassi si comprano confezioni più grandi o maggiore quantità di prodotti alimentari che alla fine non si riescono a mangiare e si buttano”, mentre solo il 10% ritiene che i prodotti durino troppo poco.

L’attenzione per cosa si mangia è un’eredità che ci deriva dai genitori, che escono piuttosto bene dall’indagine: più della metà degli intervistati ha dichiarato che quando comprano generi alimentari, mamma e papà sono attenti alla loro etichetta. Le percentuali si alzano al Sud e nelle isole, dove oltre il 65% guarda il contenuto delle etichette. «Fondamentale è il ruolo di scuola e genitori nel lavoro di sensibilizzazione dei ragazzi – continua Tucci – e sicuramente più delicato è il compito dei genitori. Per un ragazzo è fondamentale l’esempio. Se io stigmatizzo un comportamento, ma poi lo perseguo anche io, sarà difficile che mio figlio non lo imiti. In questo senso, anche un modello proposto da coetanei può risultare vincente». E in effetti sulla scelta di ciò che mangiamo contano molto gli amici: per oltre l’80% degli intervistati l’ acquisto di un prodotto per la prima volta deriva dal consiglio di un amico, seguito da quanto ci attira il prodotto in sé al bar o su uno scaffale del supermercato. Quest’ultimo rimane saldamente in testa fra i luoghi deputati a decisioni su cosa comprare, mentre solo il 2% acquista da  solo  ciò  che gli piace. Questo sottolinea      come i nostri genitori siano attenti a ciò che mangiamo: in particolare, dalla ricerca è emerso che i genitori attenti alle etichette hanno anche abitudini alimentari più sane. Ad esempio, il 58% di quelli attenti alle etichette consuma abitualmente frutta a pranzo, contro il 48%; solo il 12% consuma merendine come snack, contro il 26% che predilige la frutta. Ma cosa mangeremmo se dipendesse solo da noi?

N o n o s t a n t e la stragrande maggioranza ritenga che “Stili di vita e alimentari consapevoli fare la spesa: nel 78% dei casi i genitori si recano al supermercato e – piccola curiosità – la percentuale si alza ancora nelle città fra 100mila e 500mila abitanti. I piccoli negozi di alimentari resistono meglio al Sud, dove è più frequente che i figli accompagnino i genitori. Se andiamo con mamma e papà a fare la spesa, però, vogliamo anche scegliere: infatti un intervistato su due ha dichiarato di condividere con i suoi le e accorti fanno  bene  alla  salute  e  all’ambiente”, in realtà oltre la metà concentra i propri pasti in colazione, pranzo e cena, saltando gli snack di metà giornata che molti pediatri e dietologi consigliano come antidoto all’insorgenza di sovrappeso e obesità, perché consentono un equilibrato apporto calorico lungo tutto il corso della giornata. Tra gli alimenti più consumati, e anche preferiti, i farinacei: pasta e pane vengono mangiati tutti i giorni o quasi, nel 69% e nel 65% dei casi rispettivamente. Ad essere consumato davvero poco è il pesce: quasi un ragazzo su tre lo mangia raramente o addirittura mai. La percentuale si alza con i legumi: d’altronde, se non sappiamo di cosa sono fatti, perché dovremmo mangiarli?! La  frutta invece viene consumata con regolarità da oltre il 50% dei ragazzi. 

Quando si passa da cibi consumati a cibi preferiti, il podio non cambia: i farinacei la fanno da padrone, con la pasta che si contende il primo posto  con  la  carne  e  il  pane, che registra un insolito 3% di detrattori. Un ragazzo su cinque, poi,  non  ama  pesce  e  verdura, i cibi più disdegnati dopo – indovinate? – i legumi. Ma se i genitori attenti alle etichette sono più attenti agli stili di vita alimentari, lo saranno anche i figli? Sì e no: oltre la metà dei ragazzi dimostra di avere un’alimentazione monotona, mangiando o sempre le stesse cose o solo le cose che gli piacciono.  La  percentuale  è  in aumento rispetto ad uno studio simile del 2010 condotto dalla Società italiana di pediatria.

Per quanto riguarda gli snack, quando consumati, la frutta è sì ai primi posti, ma seguita dalle patatine o merendine salate preconfezionate. Il potere della pubblicità, forse, è ancora alto in questo senso, anche se in realtà il rapporto con gli spot è di generale disillusione: solo il 16% dichiara di potersi fidare di quello che dice la pubblicità e oltre la metà pensa che se ci fossero meno spot i prodotti costerebbero di meno.

Un rapporto illusorio e potenzialmente pericoloso è anche quello con le diete: fra gli intervistati, oltre il 20% ha già provato una dieta dimagrante (se si considerano solo le ragazze la percentuale è del 28%) e purtroppo continua a prevalere la mania del fai da te. Fra le ragazze, poi, meno del 20% ha dichiarato di chiedere consiglio in famiglia su cosa mangiare e cosa non mangiare. Evidentemente, però, un certo controllo c’è, se il 40% dei ragazzi dice di amare le uova, ma solo l’8% le mangia spesso, e al 39% piace il pesce, ma solo il 7% lo consuma abitualmente. Sicuramente non lo mangia crudo, se solo il 18% ha dichiarato di aver provato la cucina giapponese e averla apprezzata. Per quanto riguarda le cucine etniche, in realtà quella che riscuote maggior successo è la cucina cinese, con il 30% delle preferenze, mentre il 40% degli intervistati vorrebbe provare quella mediorientale e indiana.

Alla fine, però, se si esce con gli amici preferiamo una buona e nostrana pizza, indicata da quasi la metà dei ragazzi, tallonata dal sempre gettonato fast food. Conclude Piernicola Garofalo, presidente di Sima: «Dobbiamo riacquisire la stima e la coscienza di ciò che c’è dietro a un prodotto italiano, ma soprattutto dobbiamo comunicarla ai ragazzi. Non è colpa loro se preferiscono il fast food, siamo noi che dobbiamo far capire loro quanto anche la pizza sia la nostra storia».

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