Cinema e Teatro
Giovanni Calcagno: "Mi piace interpretare i cattivi. Sono più affascinanti"
L'attore cinematografico e teatrale riflette sulla chiusura dei luoghi della cultura e racconta qualche aneddoto della sua carriera
Agnese Santangelo | 7 aprile 2021

Attore e regista, Giovanni Calcagno conosce a fondo il mondo del teatro e quello del cinema. Con lui parliamo della crisi che il mondo dello spettacolo sta vivendo in questo momento difficile e ci facciamo raccontare qualche curiosità sulla sua carriera, in cui ha interpretato prevalentemente personaggi cattivi.

In questa situazione di pandemia in cui i cinema e i teatri sono chiusi come stai reagendo, ti manca il tuo pubblico?

Anche se i cinema e i teatri sono chiusi, le piattaforme stanno permettendo a tanti film - che non sono usciti in sala - di essere visti e, anche se non è la stessa cosa, è un modo per andare avanti; per esempio le votazioni del David di Donatello che si sono concluse pochi giorni fa hanno visto una maggiore percentuale di votanti rispetto agli anni precedenti e questo significa che i giurati hanno visto più film rispetto agli anni precedenti. Certo, mi manca il pubblico ma fortunatamente i set cinematografici sono tutti molti vivi e numerosi e questo permette ad attori come me di lavorare sia al cinema che al teatro; per il mondo del palcoscenico in generale però è un momento drammatico: l’attività del teatro è considerata non fondamentale nelle nostre vite. Basti guardare come le occupazioni del Piccolo teatro di Milano e del Mercatante di Napoli da parte dei lavoratori dello spettacolo sono state riportate dai quotidiani, relegate in fondo all’attenzione dei lettori. Questa è la concezione  anche di politici e governatori che vedono l’attività del teatro come elementare e non necessaria nella vita delle persone.

Secondo il tuo parere le piattaforme streaming stanno “uccidendo” i cinema e soprattutto i teatri?

Il teatro in televisione non funziona perché nasce da un rapporto essenziale che vede lo spettatore davanti all’attore. Le piattaforme sono considerate dei palliativi per l’attività teatrale ma bisogna tornare al teatro e alle rappresentazioni dal vivo, anche all’aperto, forma a cui sono molto legato perché la mia carriera nasce proprio come teatrante di strada e amo moltissimo le feste di piazza e medioevali dove il teatro viene fatto all’improvviso. In questi contesti l’attore diventa uno strumento che aiutalo spettatore a modificare lo scenario normale del proprio panorama urbano; in questo modo il teatro viene visto come rivoluzione di un modo di guardare le cose. Se il teatro ci viene trasmesso con gli stessi media con cui viene trasmetto il cinema, allora sarebbe in svantaggio perché il cinema è concepito come un linguaggio per immagini mentre il teatro è molto altro perché è un’energia molto più viva che nasce, vive e muore nello stesso tempo e questa caratteristica io la reputo una grandezza. Il cinema invece non verrà uccisi dalle piattaforme, è un'evoluzione tecnologica.

Hai in mente qualche progetto teatrale o cinematografico da fare dopo la pandemia o appena i cinema e i teatri saranno aperti?

Fortunatamente sto lavorando soprattutto nel cinema. Personalmente, il 2020 è stato molto fortunato e ricco di eventi e progetti nonostante le difficoltà. Per quanto riguarda il teatro ho dei progetti che si realizzeranno ma in questo campo è difficile fare una programmazione.

Come stai affrontando personalmente questo periodo?

Durante il primo lockdown ho vissuto insieme alla mia compagna insieme nella nostra casa di campagna e ho avuto la possibilità di lavorare, di scrivere e di immergermi in cose e ritmi completamente diversi da quelli che conducevo prima della pandemia. Adesso ci sono solamente il set e la casa perciò i colori delle Regioni non hanno un grande impatto sulla mia quotidianità. Sono iniziati anche dei progetti che mi permetteranno di andare all’estero nei prossimi mesi per lavoro. Per noi attori, specialmente quelli del cinema, la vita è diversa rispetto a quelle delle persone “normali” quindi le sofferenze e le differenze sono difficili da spiegare.

Perché interpreti spesso il ruolo del cattivo?

Forse perché  ho una faccia che nel cinema e nella televisione italiana viene considerata molto adatta a interpretare il ruolo di un personaggio che vengono etichettati come dei cattivi, cosa che mi dispiace fino ad un certo punto perché i cattivi sono dei personaggi molto interessanti. Ad esempio ono molto legato al personaggio che ho interpretato in Paradise che parla della storia di un killer pentito che ha l’incontro con il suo accusatore. Questo personaggio mi ha permesso di partire da un cliscé per poi sviluppare delle sfumature molto interessanti; la stessa cosa succede nel film western Il mio corpo vi taglierà, in cui interpreto un cacciatore di briganti, traditore del regno borbonico, il personaggio è stato molto apprezzato dalla critica. Dividere nettamente il ruolo del personaggio “buono” e di quello “cattivo” è una cosa superficiale che appartiene a una realtà immaginaria ma fortunatamente ci sono dei ruoli, come nella realtà, che ti permettono di capire che nel buono c’è un po' di cattivo e viceversa.

Quale è stata la scintilla che ti ha fatto diventare attore?

Non lo so se c’è stata solamente una scintilla o c’è ne sono state tante, io ho frequentato la scuola delle suore alle elementari dove preparavamo due spettacoli all’anno e stavamo sul palco tutto l’anno scolastico. Le mamme dovevano preparare i costumi e si viveva un ambiente molto simile a quello di un’accademia per attori. La svolta p avvenuta quando ho iniziato a fare l'animatore turistico na Catania degli anni '90, quando ho fondato il mio gruppo di cabaret che mi permetteva di fare 3 o 4 serate a settimana.

Come è stato lavorare con Ficarra e Picone nell’Primo Natale?

È stata un’esperienza bellissima perché ho fatto un mese e mezzo nella regione dell’Atlante in Marocco, e loro (Ficarra e Picone) sono dei personaggi e delle persone molto interessanti che in quel contesto hanno fatto attori, registi e produttori. La cosa che ammiro di loro è la loro forma mentis e il loro approccio al personaggio.

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