Interviste
Erri De Luca a Zai.time: "La DAD prevede figli unici o ambienti privilegiati, meglio che si rischi la presenza"
L'intellettuale è intervenuto a Zai.time sui temi caldi del momento, dando anche dei preziosi consigli ai giovani
Redazione | 18 marzo 2021

Erri De Luca - giornalista, scrittore e poeta - ha fatto della libertà di critica e di contraddizione il proprio simbolo. Intervenuto nella trasmissione Zai.time, in diretta nazionale su ML Network con la conduzione di Chiara Di Paola e Riccardo Cotumaccio, ha ragionato su didattica a distanza, campagna vaccinale, qualità dei media e importanza della lettura per la formazione.

È lecito dibattere riguardo a una questione come quella sui vaccini anti-Covid? Si tratta di una giusta forma di libertà d'espressione o le valutazioni dovrebbero essere una prerogativa degli esperti?

Ci troviamo davanti a un qualcosa che riguarda un sentimento comune: quello della ricerca di una difesa da questa pandemia. È dunque normale che coinvolga opinioni, sentimenti e pareri. Però la questione è completamente in mano ai competenti: si può dibattere molto, ma la decisione è la loro.

I media si stanno comportando nel modo giusto riguardo alla comunicazione della campagna vaccinale?

Credo che i problemi della comunicazione relativa alla pandemia siano una conseguenza inevitabile del fatto che tecnicamente di essa si sa ancora poco. Sembra che sia un'epidemia ad uso personale: ognuno la subisce in maniera completamente diversa, a prescindere dall'età e dalle condizioni di vita. Ci troviamo in una fase in cui sperimentiamo delle risposte e cerchiamo di capire qualcosa. Dunque non è possibile garantire certezze, e il margine per il dibattito è vastissimo, anche per quanto riguarda i sentimenti più profondi di questa nostra paura del virus.

È possibile segnare un confine tra opinione giusta o sbagliata? Ci sono delle tematiche che non possono essere soggette a dibattito, come ad esempio i diritti umani?

Anche sui diritti umani ci può essere dibattito! Di questi tempi abbiamo però abusato di un termine: fake news. Le falsità non hanno diritto di essere elevate al rango di notizie: le bugie sono semplicemente bugie. C'è un imperversare di notizie false, sulle quali molti hanno speculato, con certe forze politiche che vi hanno addirittura incassato successi elettorali.. Basti pensare che l'ex presidente americano per quattro anni si è regolarmente attribuito il diritto di dire bugie, etichettando invece come falsità quelle che erano delle evidenze.

In questo senso si possono dare degli strumenti agli studenti per individuare le falsità e le notizie su cui invece fare affidamento?

Secondo me esiste l'educazione allo spirito critico. Io sono cresciuto con un fortissimo spirito di contraddizione, che non poteva consistere solamente nel dire il contrario: dovevo informarmi sulla sostanza della cosa che contraddicevo. Oggi c'è un atteggiamento passivo riguardo all'informazione: la prendiamo per buona, non la verifichiamo, non andiamo a indagare su come si è formata, non capiamo se è semplicemente ricevuta e girata senza verifica. È la scuola che dovrebbe dare le basi per avere uno spirito critico e un insolente spirito di contraddizione.

I media sono ancora in grado di suscitare un dibattito e di stimolare la circolazione delle idee?

I giornali sì, invece i dibattiti televisivi sono come delle litigate di mercato. Non mi interessano, non vi partecipo, li evito. Non informano, servono solo a fare pubblicità alla rete e alle persone che vengono invitate.

Cosa pensa della chiusura delle scuole in risposta all'emergenza pandemica, e quale crede siano le conseguenze della DAD per i ragazzi?

Se in famiglia ci sono due studenti, allora si dovrebbe avere almeno un computer per ciascuno affinché possano seguire contemporaneamente la didattica a distanza. La DAD prevede figli unici o ambienti abbastanza privilegiati. Forse è meglio che si rischi la presenza a scuola, che ha delle garanzie di salvaguardia e di precauzione. È l'esterno che ancora non le ha, e non le potrà avere finché non ci sarà una vaccinazione generale.

Spesso a scuola vengono assegnati dei libri ai ragazzi, che possono avere due reazioni: o si innamorano perdutamente della letteratura, oppure iniziano a detestarla. La lettura dovrebbe essere un consiglio, o è giusta l'assegnazione di opere fisse?

Non ci deve essere una lista di libri obbligatori perché la lettura è felicemente facoltativa e personale. Si tratta di incontri tra un lettore e le pagine, e come tali non si possono prescrivere. La scuola che ho conosciuto io i libri me li faceva cancellare, escludere. Però ho avuto la fortuna di crescere in una casa che ne era piena. La didattica aveva un'impostazione che mi dava fastidio: si leggeva un'opera e ci si interrogava sul cosa avesse voluto trasmettere lo scrittore. Ma c'è già scritto nel libro cosa un autore vuole dire, perché dovremmo cercarlo noi tra le righe? Quello che serve a un lettore è capire cosa la lettura abbia trasmesso a lui, cosa abbia scoperto su se stesso. Spero che quest'impostazione sia stata ormai superata.

Cosa consiglierebbe ai giovani che vogliono intraprendere la carriera di giornalista o scrittore riguardo alla questione spinosa del confine tra critica, diffamazione e politicamente corretto?

La diffamazione è un reato previsto dal codice penale e riguarda il fatto che una persona venga accusata di falsità. Si tratta di una fattispecie ben definita: se affermassi che uno scrittore è un incapace, questo farebbe parte della mia capacità di critica; se invece dicessi che quel tale è un pedofilo, commetterei un reato di calunnia. Per me la differenza è molto netta. Però, per avere capacità di critica bisogna aver letto molti libri. Le pagine, oltre a tenerti compagnia, hanno quest'effetto secondario: ti trasformano nel padrone del tuo vocabolario, rendono molto precise le parole che uno adopera. Questa è la base per diventare giornalisti o anche per raccontare storie proprie. La premessa di ogni critica è la buona padronanza del vocabolario e della lingua italiana.

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