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Con le radici in cielo
Alessandro D’Avenia spolvera la memoria di Leopardi portandolo in vetta alle classifiche
Giulia Toninelli | 27 febbraio 2017

L’arte di essere fragili. Esordisce così Alessandro D’Avenia, scrittore e insegnante siciliano, con un libro che mette paura già dal titolo. La paura più pura del nostro secolo, quella che unisce i ragazzi tanto affezionati allo scrittore e i loro genitori, gli studenti e gli insegnanti, i poeti e gli scienziati: la paura di essere fragili. 

E D’Avenia decide di sviscerare questa debolezza rendendola un’arte capace di far crescere e di costruire radici in cielo fatte di stelle, per slegarsi da quello che non è importante e innamorarsi della bellezza che spesso dimentichiamo. In lunghe lettere lo scrittore racconta e si racconta, partendo dalle esperienze con i suoi ragazzi fino ad arrivare al dolore di tutti e di tutto. Il destinatario, silenzioso ma sempre attento, è un Giacomo Leopardi dal sorriso più vivace che mai: il poeta deriso, nel suo secolo come oggi, per la malinconia e i problemi fisici, quel Leopardi che è stato lasciato in un angolo ed etichettato come “pessimista” quando di pessimista ha sempre avuto davvero pochissimo. 

Il suo viso diviso, mezzo sorridente e mezzo pensieroso, accompagna le fitte pagine di questo libro difficile, da gustare piano, quando se ne ha bisogno, che ferisce per poi curare. 

Da quando è uscito, “L’arte di essere fragili” oscilla tra le primissime posizioni della classifica dei più venduti in Italia mostrando un paese che ha bisogno di imparare a soffrire per essere felice, a essere imperfetto, debole. 

Al suo quarto libro D’Avenia ha ormai firmato il suo definito successo e con questa scelta coraggiosa e così diversa dai precedenti romanzi si è conquistato un posto di fiducia anche tra i più scettici. Il suo rivolgersi ai giovani, punto focale della sua vita grazie all’insegnamento, non è infatti sempre stato capito ma proprio il suo talento e la capacità di parlare a tutti lo hanno reso uno degli scrittori più affermati della scena italiana. 

È lo stesso Alessandro a confessare che non potrebbe mai scrivere se non fosse un insegante, tutte le sue storie partono dai ragazzi e tutte arrivano lì. A chi ha più bisogno di ascoltarle. 

Non è un caso che i biglietti per il suo spettacolo-presentazione del libro al teatro Carcano di Milano siano finiti in quindici minuti, e non è neanche un caso che al firma copie in Galleria Rizzoli sia rimasto a firmare autografi per oltre sei ore. 

Il piccolo principe degli scrittori, dal grande sorriso e la parlantina vivace, i suoi ragazzi li porta in ogni pensiero che scrive e così, attraverso i suoi libri, diventa un po’ l’insegnante di tutti. 

Al Carcano si è presentato su un palco con banchi e sedie e per un giorno, una notte, ha insegnato a guardare Leopardi così come lo guarda lui: chiamandolo Giacomo e dandogli la possibilità di essere qualcosa oltre la gobba e il pessimismo. I suoi studenti erano sul palco con lui, seduti come a scuola, lui ogni tanto gli sorrideva imbarazzato e loro lo rassicuravo. Un lavoro di chi dà e riceve, come ogni mattina quando suona la campanella. 

Lui insegna a loro, loro insegnano a lui.

Il teatro è diventato classe, le lacrime sono diventate sorrisi, i sogni sono diventati stelle a cui appendersi per vivere più che traguardi da inseguire con foga. 

Se Leopardi sa regalare la speranza a chi sa leggerlo, D’Avenia l’ha tradotta per chi non ne è più in grado, restituendone splendore e vivacità, saggezza, realismo e quel giusto tocco di magia. 

La magia di un ragazzo chiuso nel suo guscio fatto di libri e di sogni, la magia di una siepe da oltrepassare, di stelle e di pastori, di notti e di lune. 

Il Leopardi di D’Avenia assomiglia incredibilmente all’amico che ascolta e che aiuta, quello dell’adolescenza e quello della vecchiaia, che sussurra piano un verso capace di scuotere con foga più di mille parole. 

In un secolo in cui si cerca la perfezione in ogni cosa fino all’esasperazione, Alessandro ci tende la mano come il migliore dei professori e ci aiuta a trovare la strada per la bellezza. Una strada difficile in cui soffrire ed essere fragili è il punto di partenza ma allo stesso tempo una strada di parole e di sogni, di radici e di speranze. 

 
 
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