Scuola
Esami di stato: l'impresa eccezionale
La lettera aperta di una Commissione Esami 2025 sul caso ritiri all'Esame di Stato
Paola Rocchi, Giulio Pompei, Emanuele Rossi, Giovanni Piazza, Antonio Luigi Tonti | 17 luglio 2025

Mano sul fuoco: queste righe non saranno rilanciate dai quotidiani né dai tg e non diventeranno virali sui social. Per fare "quel" colpo serve il caso limite, l'eccezione, insomma l'uomo che morde il cane. E noi di eccezionale abbiamo veramente poco, ma vogliamo raccontare lo stesso la nostra esperienza di commissari durante l’ultimo esame di Stato, che una volta si chiamava “di maturità”. Lo diciamo subito: consideriamo irrispettosa, uno schiaffo al sistema che ha qualcosa di aggressivo, la decisione dei candidati di non sostenere l’esame. Più ragionevole se lo avessero affrontato per poi criticarlo. A quel punto però nessuno avrebbe dato loro ascolto sui media, né all’interno della scuola, che forse non offre spazi veri di discussione e resta irrigidita in una struttura che ha funzionato, ma che avrebbe sempre bisogno di essere migliorata.

Vorremmo dire anzi agli studenti, protagonisti del gesto di rifiutare l’esame che le istituzioni spesso non ascoltano neanche i suggerimenti proposti dai docenti per migliorare la didattica. Del resto, come si parla di istruzione in queste occasioni? Da docenti vorremmo il meglio per la nostra scuola, eppure vediamo che di fronte a certe notizie se ne discute come ad una riunione condominiale, dove tutti parlano senza vera cognizione e senza arrivare né a conclusioni né a cambiamenti.

Ma torniamo alla nostra esperienza nei giorni caldissimi della “maturità” 2025.Vanno immaginati normali commissari, esterni e interni, con un presidente normale, davanti ai quali si presentano, a turno, candidati normalmente emozionati e coscienti di giocarsi cinque anni di vita scolastica, che sarebbero stati trasformati in un numero, da lì a poco. Ovviamente noi non abbiamo sperimentato il gran rifiuto. Quando ci siamo riuniti eravamo consapevoli che avremmo valutato ragazze e ragazzi che aspettavano quel momento per mettersi alla prova. Dormendo poco, mangiando male, studiando ognuno il suo. Perché il numero che stavano per ricevere li avrebbe bollati a vita (o per un bel po', sostituito poi da altri numeri). E perché i voti in palio erano 60, oltre ai 40 guadagnati in cinque anni. Forse 60 sono troppi. Forse, al di là di clamori mediatici, sarebbe il caso di riformare qualcosa nell’esame finale e far dipendere ancora di più il voto dal percorso dei 5 anni. (Banalmente: aumentare i 40 punti di credito scolastico e diminuire i 60 legati all’esame). Tornando a questi giorni, la nostra normale commissione ha pensato che fosse giusto valutare in modo equilibrato, accompagnando la storia di questi ragazzi, dando loro agio, occasioni. Perché sì, la vita riserverà ingiustizie, ma noi abbiamo cercato di limitare al minimo l'inevitabile discrepanza tra le attese, la giustizia e quel benedetto numero finale.


Ci piace pensare che lo Stato eravamo noi, in quel momento. Che rappresentavamo la norma di tutti i colleghi di tutte le commissioni di esame. O almeno la maggioranza. Sarà per questa umanità che traspariva a occhio nudo che noi non abbiamo avuto rifiuti? Per inciso: ne sono bastati due in tutto il Belpaese per nutrire media e social media, arrivando a furibonde orecchie ministeriali. Vogliamo dire con chiarezza che non condividiamo l’uso che è stato fatto del termine “bocciatura”, usato come una clava, o una rappresaglia. Ci aspettiamo anzi che dal Ministero giunga un semplice chiarimento di legge: se cioè, dal punto di vista amministrativo, un diploma di scuola superiore deve prevedere il superamento di tre prove, o ne bastano due, se il punteggio ottenuto è già quello della promozione. Una precisazione a termine di legge, semplicemente.


Nella nostra normalità, vogliamo però aggiungere un piccolo racconto, quello di un sondaggio pensato quando ancora non si erano diffuse notizie di ragazzi che rifiutavano l’esame orale, un sondaggio anonimo, online, che abbiamo proposto ai candidati a fine esame. Tra le domande: “Ti sei sentito/a accolto e messo a tuo agio durante il colloquio orale?”, “Il presidente di commissione ha svolto il suo ruolo con equilibrio e imparzialità?”, “I commissari sono stati disponibili e chiari, corretti e rispettosi?”, “Hai percepito coerenza tra il tuo percorso scolastico e le modalità del colloquio?” Ecco, non serve sciorinare cifre né grafici a torta. Fidatevi, le percentuali sono più che incoraggianti. Ci piace pensare che siamo stati Stato, e che, presentandoci in modo serio e professionale, siamo riusciti nell'impresa eccezionale di essere normali. Non va bene, così?


 

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