Arte
Il "Viaggio a Teulada" di Riccardo Atzeni
Il nuovo film d'animazione dell'illustratore e cartoonist freelance che ha scelto di vivere di arte restando in Italia
Jacopo Soru | 8 marzo 2018

Quali sono stati il tuo percorso di formazione e le prime esperienze lavorative o di tirocinio?

Ho iniziato all’età di 15 anni, lavorando per una piccola rivista di fumetti prodotta nella mia città, Cagliari. È stata una palestra interessante, che mi ha subito insegnato cosa volesse dire assumersi una responsabilità a livello professionale ed esporre il proprio operato al giudizio esterno. Durante l’università invece mi sono avvicinato all’animazione digitale, che costituisce una fetta importante della mia attività di lavoro. In entrambi i settori, l’illustrazione e l’animazione, sono stato un autodidatta: mi sono confrontato direttamente con l’ambiente professionale, sperimentando e imparando sul campo.

 

Ad oggi, invece, a livello lavorativo di cosa ti occupi principalmente?

Oggi la mia attività è equamente distribuita fra illustrazione e animazione. Realizzo acquerelli per la comunicazione di eventi culturali, ad esempio alcuni eventi del festival letterario Sulla Terra Leggeri, oppure per affrontare tematiche che mi stanno a cuore e che rappresentano il mio panorama immaginario. Sul versante dell’animazione ho lavorato per anni nel settore pubblicitario, principalmente per aziende grandi o giovani startup nel settore digitale. Da qualche anno mi sono spostato anche nel cinema: ho curato le animazioni e il design di due cortometraggi diretti dal regista Peter Marcias, Il mio cane si chiama Vento e Strollica, che hanno partecipato a diversi festival in giro per il mondo, fra i quali il Giffoni e il Short Corner Market del Festival di Cannes.

 

Cosa consigli ai giovani artisti che vogliono intraprendere le carriere di illustratore/disegnatore/animatore a livello professionale? Potrebbero seguire la loro passione e trasformarla in un lavoro anche rimanendo in Italia?

Io ho deciso di rimanere in Italia, in Sardegna, per la precisione, una regione sicuramente molto delicata per quel che riguarda la situazione lavorativa. Non è facile, ma è sicuramente una sfida interessante. Oggi è sicuramente più semplice far viaggiare il proprio lavoro, e il luogo nel quale si lavora non rappresenta un limite come quindici anni fa. Privilegiare il proprio luogo di provenienza, e trasformarlo in un punto di forza per la sua particolarità, è però un esperimento interessante, soprattutto in quest’epoca in cui è molto difficile far sentire la propria voce e diversificarla nel bombardamento quotidiano al quale siamo esposti con i social network. Quello che ho imparato e che sto ancora imparando della mia professione è che non esistono delle vere scorciatoie. Per poter diventare un bravo illustratore è necessario lavorare sodo tutti i giorni, fare pratica e alimentare costantemente la propria creatività informandosi, leggendo, andando al cinema e così via. Se c’è una cosa che ho capito del disegno è che funziona esattamente come la palestra: non ti verranno certo gli addominali scolpiti se passi tutto il tempo a guardare Netflix, no? Ecco, la stessa cosa è per il disegno: la composizione di un’illustrazione, le forme e i colori, tutti questi aspetti migliorano con la pratica quotidiana. È una buona notizia, non ci sono segreti per pochi eletti, basta darsi da fare. Sicuramente frequentare una scuola aiuta: la via dell’autodidatta è fatta di percorsi tortuosi e una montagna di errori. È una strada emozionante in cui s’imparano un sacco di cose, forse più che in una scuola, ma non esattamente la più semplice.

 

Sulla tua pagina Facebook è possibile imbattersi in un post circa un film d’animazione cross-country che stai realizzando, ci dai qualche dettaglio in più?

Sì, si tratta di un lungometraggio animato che nasce da una collaborazione fra una produzione sarda e una corsa. S’intitola Un Viaggio a Teulada e racconta la storia di una donna anziana, Assunta, che negli anni ’50 è costretta ad abbandonare il suo villaggio natale, che verrà rimpiazzato da una base militare. Racconta la storia vera di un’esiliata, cacciata da una superpotenza contro la quale non poteva vincere. È un film che ci ricorda che possiamo diventare tutti degli esiliati, e che dobbiamo imparare a trattare con più umanità chi viene da noi dopo essere stato strappato dalla propria dimora. Sono molto emozionato per questo progetto!

Molte delle tue illustrazioni affrontano tematiche sociali complesse e spinose, dalla ludopatia al razzismo fascista (mi riferisco in particolare all’ultima illustrazione pubblicata sempre sulla tua pagina FB), dall’alienazione dei social all’egocentrismo malato dell’era dei selfie, il tutto imperniato su un’ironia leggera ma altrettanto efficace; quanto è importante per te l’impegno in quest’ambito?

Da illustratore penso sia importante trattare i temi che mi stanno a cuore, non possono che uscirne lavori più sinceri e puntuali. Il mio approccio è sempre ironico o onirico, perché credo che usare questo linguaggio anche per le tematiche più complesse aiuti a creare un collegamento fra l’emotività di chi guarda e il tema trattato. È importante che chi osserva si senta legato emotivamente a quel tema: è un modo per focalizzare l’attenzione, e per stimolare la riflessione. Al giorno d’oggi i social e gli strumenti digitali offrono dei grandi vantaggi, ma stanno modificando la società in modi che probabilmente capiremo pienamente solo fra molti anni. Dal punto di vista creativo, inoltre, producono molte ambiguità: spesso da illustratore c’è la tentazione di seguire le mode che vengono presentate con forza dai social, o di credere che un determinato tema, proposto in maniera ossessiva dagli utenti, sia in effetti interessante o importante. Ma spesso è solo un’illusione, che rischia di appiattire il discorso e spingere tutti a parlare sempre della stessa cosa. Per questo cerco di ricollegarmi alle tematiche che conosco, a un panorama fantastico che racconti qualcosa di me, della mia infanzia o del mondo dal quale provengo: è da lì che nascono le idee che posso definire mie. In questa professione le idee sono preziose e sono più importanti di qualsiasi stile o trovata estetica.

 

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