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Donne e suffragio universale, da Emmelin Pankhurst ai giorni nostri
La storia di come le donne hanno ottenuto il diritto di voto
Antonio Brugognone | 30 aprile 2021

“Le donne sono lente a svegliarsi, ma, una volta deste e ben determinate, niente sulla Terra e niente in cielo farà cedere il passo alle donne; è impossibile". 13 novembre 1913, Hartford, Connecticut. Emmeline Pankhurst, attivista e politica britannica nota per aver guidato e sostenuto il movimento delle suffragette nel Regno Unito, pronunciò il celebre discorso “Libertà o Morte” in difesa della categoria femminile, alla quale non era stato ancora concesso il diritto di voto. Donne accomunate dallo stesso desiderio di emancipazione e d’indipendenza. Donne che rivendicano i propri diritti. Donne che riconoscono di avere, anch’esse, un posto nel mondo. E questa è la storia delle donne che hanno cambiato il mondo.

Le tappe fondamentali

Il suffragio femminile, cioè il diritto di voto esteso alle donne, è un fenomeno che interessò buona parte dei paesi europei, primo fra tutti il Regno Unito, tra la seconda metà del XIX secolo e gli inizi del XX secolo. Il 1867 fu un anno di svolta nella storia del movimento delle suffragette: nacque l’Unione Nazionale delle Società per il Suffragio Femminile (National Union of Women’s Suffrage Societies, o NUWSS), con a capo Millicent Fawcett, suffragista e convinta femminista. Tale società si avvalse ben presto di una testata giornalistica, capace di dare voce alla condizione femminile del tempo, indistintamente dal ceto sociale. Di seguito, si riportano alcune ragioni per cui le donne inglesi della classe operaia chiedevano il voto: “Perché le donne non possono votare per i membri del Parlamento, in quanto vengono trattate come bambini, e quindi reputate incapaci di saper distinguere ciò che è bene da ciò che è male, e non si tiene conto della loro opinione”. “Perché le donne sanno bene cosa vogliono e cosa non vogliono”. “Perché il modo per aiutare le donne è dare loro i mezzi per aiutare se stesse”. Millicent Fawcett, circa trent’anni dopo la fondazione del NUWSS, tentò di convincere anche gli uomini ad aderire al movimento, perché erano gli unici detentori del diritto di voto. Ma il suo tentativo risultò fallimentare. L’insorgere dei movimenti femminili riprese nel 1903 quando Emmeline Pankhurst, insieme con le figlie Christabel, Sylvia e Adela, fondò l’Unione Sociale e Politica delle Donne (Women’s Social and Political Union, o WSPU), che, invece del NUWSS, preferì sensibilizzare l’opinione pubblica e i mezzi di comunicazione, talvolta con azioni militari. Da ciò le celebri parole di Emmeline: “Non vengo qui in qualità di avvocato. Sono qui in qualità di soldato”. Figura di spicco dell’Unione Sociale e Politica delle Donne fu Emily Davison. Lei era la suffragetta delle suffragette, e l’accompagnava la nomea di essere “una donna che non teme nulla”. Tuttavia, secondo quanto scrisse il Daily Sketch nel 1913, “aveva una residenza permanente presso la prigione di Holloway (Londra)”. Infatti, la donna è ricordata per essere stata arrestata e incarcerata per vari reati; in carcere, fece lo sciopero della fame e, per questo, fu costretta all’alimentazione forzata, pratica effettuata dalla polizia carceraria che prevedeva talvolta l’uso della violenza. Miss Davison è dunque l’esempio che la WSPU perseguì una campagna sempre più militante. Tuttavia, sopraggiunta la Prima Guerra Mondiale, Emmeline Pankhurst ritenne necessario dichiarare l’arresto, seppur temporaneo, del movimento suffragista per invitare le donne a dare il loro contributo nella produzione industriale e per incoraggiare i giovani a prendere parte alla guerra. Il 1918 fu un anno fondamentale per la storia del suffragio femminile: in quell’anno il Parlamento inglese approvò la proposta del diritto di voto, limitato, però, alle donne maritate di età superiore ai trent’anni. Dieci anni più tardi, nel 1928, Emmeline Pankhurst morì per problemi di salute, all’età di sessantanove anni, poche settimane prima che il diritto di voto fosse esteso a tutte le donne del Regno Unito, di età superiore ai ventuno anni.

In Italia

Nel panorama italiano è doveroso ricordare la figura di Anna Kuliscioff. Rivoluzionaria e giornalista russa, la Kuliscioff nacque nella penisola di Crimea (Russia) e, durante il suo soggiorno elvetico, conobbe il rivoluzionario romagnolo Andrea Costa, il quale sarebbe diventato successivamente suo marito. Dopo aver vissuto in diverse città europee, si stabilì col marito in Italia. A Genova la donna, profondamente interessata alla politica, fu tra i fondatori del Partito dei Lavoratori Italiani (che, più tardi, assunse il nome di Partito Socialista Italiano). Alla luce del suo pensiero rivoluzionario e anticonformista, Anna Kuliscioff si batté anche per il diritto di voto esteso alle donne; perciò, nel 1911, grazie al suo sostegno, nacque il Comitato Socialista per il suffragio femminile. Tuttavia, non molto tempo dopo, il governo Giolitti, Presidente del Consiglio del tempo, fece emanare una legge sul suffragio universale solo maschile, estendendo il diritto di voto persino agli analfabeti. Di conseguenza, la Kuliscioff vide il proprio progetto di fare istituire il suffragio universale esteso alle donne andare in malora. Ogni sua speranza sembrò vacillare con l’avvento del fascismo, nel 1922. “La donna deve ubbidire.” — diceva Mussolini — “Non darò mai il voto alle donne”. Difatti, il diritto di voto esteso alle donne arrivò in Italia soltanto dopo la caduta del regime fascista. Anna Kuliscioff, anziana e malata, morì a Milano qualche anno dopo, nel 1925. Disse Anna Kuliscioff: “Il voto è la difesa del lavoro, e il lavoro non ha sesso”.

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