Interviste
Mirabile Visione Inferno: Intervista a Matteo Gagliardi
L'intervista completa al regista del docufilm sull'Inferno di Dante attualizzato ai giorni nostri
Tommaso Di Pierro | 9 gennaio 2024

Il titolo del suo docufilm incuriosisce fin da subito: "Mirabile Visione Inferno". Dante utilizza questo aggettivo per descrivere Beatrice: "Vidi venire la mirabile Beatrice", ma lei è una creatura del Paradiso: cosa c'è quindi di mirabile nell'inferno?

Il cammino di Dante nell'Inferno è come se fosse in realtà la prima parte di un unico viaggio. Quello che lega il mio film al titolo "Mirabile Visione" è essenzialmente una componente autobiografica e anche un semplice doppio senso rispetto al fatto che quella a cui assistiamo è una visone cinematografica. Il significato più importante però risiede nel fatto che questo progetto ha avuto nella mia vita lo stesso scopo che avuto la Divina Commedia per Dante: con la mirabile visione dante ha messo da parte tutto quello che stava facendo e si è dedicato per vent'anni anima e corpo alla Commedia. Io nel mio piccolo da quando ho avuto l'idea di cominciare questo viaggio ho mollato qualsiasi altro progetto avessi in testa per dedicarmi per tre anni e mezzo a quest'opera filmica. Mirabile Visione è anche un modo per augurarci che questo viaggio sia compiuto, perché, oltre all'Inferno, ci auguriamo anche di trattare Purgatorio e Paradiso. Il titolo per altro è stato stabilito prima ancora di scrivere la sceneggiatura e non l'ho mai cambiato.

Sartre diceva "L'inferno sono gli altri" e Dante sicuramente sarebbe stato d'accordo: la società odierna, infatti, è sede perenne di quei vizi infernali che il sommo poeta ha ben descritto nel suo lungo viaggio e che vengono mostrati nel film in comparazione alla situazione mondiale dei nostri giorni. I vizi capitali del XXI secolo sono dunque quelli di ieri e saranno anche quelli di domani?

Se Dante è attuale oggi dopo Settecento anni dalla sua morte è probabile che lo sarà tra altri Settecento. Se qualcosa è sempre attuale allora assume il carattere dell'eterno e dato che l'opera di Dante riguarda l'animo umano, Dante sarà sempre eterno ed universale. Cambiano le forme del male, ma non la sostanza.

Dunque, se a settecento anni dalla sua morte Dante Alighieri tornasse oggi sulla terra, che cosa penserebbe, che cosa ci direbbe?

Sicuramente avrebbe un attimo di smarrimento, ma sono sicuro che il suo schema mentale lo porterebbe ben presto a compiere un'operazione simile a quella che ho fatto nel mio piccolo con il mio film, ossia fare un'interpretazione analogica delle forme del peccato di oggi. Credo che Dante ci metterebbe ben poco a capire che la lupa ha fatto tantissimi danni. Aprendo Internet invece avrebbe uno shock nel vedere la pornografia e la lussuria che da vizio sono diventate virtù. Credo quindi che Dante si accorgerebbe facilmente che rispetto alla sua epoca non è cambiato poi così tanto.   

Guardando il film lo spettatore può riconoscersi peccatore e scorgere uno o più vizi in sé stesso. È una cosa voluta?

L'opera di Dante è da sempre uno specchio per il lettore e ognuno si colloca nella struttura infernale da esso costruita. Il fatto che io utilizzi in maniera sistematica il materiale d'archivio storico serve proprio a creare un rapporto diretto con lo spettatore. Quelle immagini così iconiche, intarsiate nel racconto audiovisivo, agiscono come dei trigger e se lo spettatore ha vissuto in prima persona ciò che vede sullo schermo, quell'immagine non solo dà la coordinata del fatto, ma crea un effetto elastico rispetto al ricordo che abbiamo di quell'esperienza, un livello ulteriore del racconto, invisibile, ma molto feroce.

Per i giovani di oggi e di domani cosa può offrire la "mirabile visione" dell'Inferno dantesco? Serve più a riconoscere e individuare i vizi che ci circondano o al contempo sprona anche a combatterli? Qual è l'obiettivo ultimo?

Questo film è diretto alle nuove generazioni in qualità di chiamata alle armi, di chiamata all'azione. Il messaggio principale è che sta ai giovani sovvertire la situazione e contrastare le forme del male. Dante è uno strumento attraverso cui riconoscere le forme del male e i giovani sono chiamati ad una presa di consapevolezza rispetto a tematiche importantissime come il tema ambientale, rispetto a cui lo stesso Dante forse non saprebbe cosa dire. Grazie alle similitudini e agli accostamenti che questo film può creare forse i ragazzi possono avere una comprensione più forte rispetto a tanta narrazione mediatica che rischia soltanto di dare assuefazione e di essere poco efficace. Bisogna evitare di perdere stupore di fronte ai tanti eventi della storia, bisogna evitare di abituarci al male. Io mi auguro che il mio film possa avere questo effetto.

Le nuove generazioni faticano a confrontarsi con un mostro sacro della letteratura universale come Dante. Il cinema, in questo senso, aiuta a scatenare un interesse verso una figura così centrale per la nostra cultura e a non averne timore? Può il cinema fare un balzo in più rispetto a ciò che si insegna e si trasmette a scuola?

Qui c'è di mezzo il discorso dello storytelling, che può essere gestito in mille modi diversi. L'audiovisivo ha degli strumenti di storytelling in più rispetto alla lezione frontale, dato che è capace di creare un'alchimia tra linguaggi differenti. Il cinema però è anche un media freddo, passivo e questo può limitare il processo di apprendimento che è insostituibile sul libro di testo. Io credo che ogni linguaggio debba essere allo strumento dell'altro, così da scatenare un maggiore interesse, un maggior stimolo di approfondimento.

Fede e laicismo, Chiesa e Impero, sono due componenti molto importanti della società attuale, così come di quella dantesca: servono entrambi a smascherare i peccati dell'uomo. Il cinema si pone in questo caso come strumento laico, politico, e insieme spirituale di smascheramento dei peccati dell'umano?

Il cinema è un guscio vuoto. Nel caso di Mirabile Visione Inferno il guscio si riempie di tantissime tematiche che hanno prospettive diverse sui medesimi fatti. Credo sia importante non avere una visione troppo deterministica dei fatti della storia, ma anche avere una visione un po' più ampia. L'aspetto spirituale, così com'è importante e fondamentale nell'opera dantesca, riveste un ruolo importante nella mia opera. Il mio approccio al film rispecchia la polisemia presente nella Commedia dantesca e ho creduto fosse giusto dare voce a personaggi e prospettive diverse, ossia quella del sacerdote e quella della professoressa, voci narranti che commentano e ci accompagnano per tutto il film, entrambe con il medesimo spazio.

C'è, nonostante tutto l'orrore mostrato in questo film, un messaggio di speranza e di rinascita per il futuro? Riusciremo, come scrive Dante, a riveder le stelle? Se sì, cosa dovremmo fare perché ciò accada?

La sensazione che si prova dopo questo tuffo nel vaso di Pandora, ritrovare la luce alla fine è una sensazione che crea un contrasto enorme. Io credo che il film faccia centro soprattutto in quella parte, perché se se non avviene nel racconto una sua risoluzione, una sua circolarità, allora il film non può arrivare ad essere percepito come di valore. La parte che più realizza questo aspetto è che tutto questo viaggio si scopre essere stato fatto per un motivo, altrimenti basterebbe accendere il TG. Si scopre che si discende per poi risalire; si scopre che si è sempre saliti, non si è mai scesi nell'Inferno e questo è il grande rovesciamento finale che fa rivalutare tutto il racconto. Quindi quando è presente questa circolarità e si capisce in realtà che il male che stavamo guardando lo stavamo già esorcizzando e superando, si apprende che luce è in ogni momento se la vogliamo.  Inferno, Purgatorio e Paradiso sono condizioni di questa vita: non ci si va, ci si è. Dante parla di questa vita e non serve credere nell'aldilà per trarre vantaggio dalla lettura di un'opera di questo tipo.

Quali sono le idee e i progetti che ha in mente per un eventuale "Mirabile Visione" di Purgatorio e Paradiso?

Sicuramente non ho intenzione di ripetere lo schema narrativo utilizzato per l'Inferno, tranne nel rispettare lo spirito dell'opera, che non va ma tradito. Quello che sto cercando di fare è, per adesso, uno studio approfondito di Purgatorio e Paradiso, come se fossero quasi primo e secondo tempo dello stesso film. C'è una parte di me che vorrebbe anche creare un unico film, temendo che magari l'operazione in tre atti non possa reggere. Anche l'idea di non usare necessariamente di nuovo l'impianto iconografico mi stuzzica, così magari da poter utilizzare altre forme d'arte, come il teatro, la danza ecc. È chiaro che mi devo elevare come ha fatto Dante e studiare per capire se me la sento di fare un'operazione del genere, perché fare per due volte lo sforzo che c'è voluto per girare l'Inferno non è auspicabile. Uno sforzo come quello che ho fatto per Inferno, che però partorisca Purgatorio e Paradiso nel giro di tre anni, è forse più ammissibile. Finché non è tutto chiaro, io non mi incammino. 

Commenti