"Le parole contano". Quante volte ce lo hanno ripetuto da bambini i nostri genitori, quanti discorsi sull'importanza che una singola parola può avere per alcuni, sull'impatto di una breve frase detta con leggerezza. Nell'epoca delle didascalie social scritte con l'intelligenza artificiale e dell'intolleranza alla lentezza delle grandi pagine di carta dei quotidiani, c'è un artigiano che nel suo laboratorio fa delle parole una vera e propria arte. Si chiama Claudio Corrivetti ed è l'autore de "Le parole contano": una serie di poster che hanno come protagoniste proprio le pagine dei quotidiani, o meglio, titoli e frasi che ci raccontano storie e ci ricordano, spesso, chi siamo.
Mentre cammino per i corridoi affollati di una fiera dell'artigianato (e vi assicuro che quando si naviga in un fiume di persone che cercano regali di Natale vedere qualcosa di diverso da teste e cappelli è difficile) vengo catturata da una scritta, "Scrivere è sognare", e io che sogno di fare della scrittura un mestiere da quando lessi alle medie i reportage di Fallaci, ho pensato che quella scritta era vera nel senso più profondo che potesse esistere. Tre parole e sfumature infinite di significati. Qualcuno tra i passanti avrà immaginato a quanti mondi puoi portare alla luce con la scrittura: decine e decine di storie, persone intangibili e luoghi che esistono solo nella fantasia ma che se impressi su un foglio di carta diventano reali. Così l'inchiostro diventa la cartina al tornasole dell'immaginazione e delle cose impossibili. Ci metto la mano sul fuoco, qualcuno leggendo la frase nella testa avrà ammiccato un sorrisetto ed emesso un piccolo sospiro di sfida: "Parola azzeccata -sognare- per i giornalisti di oggi che si inventano anche il nome", altri sospirando avranno pensato a quel lavoro che avrebbero potuto fare solo nei sogni, "perché non ci si campa", "perché è difficile affermarsi", "perché non ci sono sicurezze" e forse hanno ragione. Magari qualche bambino ha letto le parole fantasticando su come finirà quel libro speciale che gli ha rubato il cuore e che probabilmente lo farà diventare da lì a pochi anni il miglior cliente della libreria sotto casa. Mi chiedo se qualche signora o qualche signore con una vita alle spalle avranno pensato agli anni del giornalismo coraggioso e nobile, chissà che pensano dei giornali di oggi, chissà se quelle tre parole li fanno sperare nei giovani che si riprenderanno tutto, anche la carta; o se gli hanno lasciato l'amaro in bocca per i quotidiani pieni d'inchiostro e le cose belle che sono sempre meno popolari, meno appetibili.
Forse invece nessuno ha visto quella frase e tutto quello che ho pensato è vero solo nella mia testa; in tal caso allora è proprio vero che la scrittura fa sognare. Avvicinandomi al banco scopro una realtà meravigliosa: decine e decine di pagine di giornali che hanno avuto la fortuna di vivere una seconda vita nell'arte. I titoli, avvolti da colori e forme, non sono più semplici frasi che introducono un articolo, ma specchi in cui riflettere le emozioni più intime, in cui guardarsi dentro nel profondo e ricordare le cose che a volte dimentichiamo, ma anche quelle che spesso ci nascondiamo. Tra i poster leggo al volo una cosa come "un treno chiamato vita" e ritorno con la mente agli anni devastanti da pendolare sui sedili blu un po' ammaccati del regionale Civitavecchia-Roma Termini, mi tornano alla mente tutte le cose che ho imparato in quegli anni in cui ho condiviso centinaia di sbadigli alle sei del mattino con un mucchio di sconosciuti su un vagone sempre pieno. Se dovessi dare un titolo agli anni più belli della mia vita, ancora breve, sarebbe esattamente questo, e lì per lì, a vedermi passare davanti agli occhi i ricordi del treno su cui ho imparato più cose della vita in assoluto, mi emoziono e mi ricordo perché sogno da sempre di diventare una giornalista.
Le parole ci ricordano chi siamo: non quelle che scorrono veloci sui telefoni e spariscono nel marasma dei social media, ma quelle che rimangono, che resistono sulla carta. Se pensate che oggi i giornali non siano altro che coperte di carta per bambini, forse vi sbagliate, ma c'è un rimedio: cercate una fiera dell'artigianato e con il mento all'insù sperate di imbattervi in un poster che vi consenta di sproloquiare nella vostra testa almeno quanto io sto facendo qui con voi, quando lo trovate siete nel posto giusto.




