Attualità
Riflessione (semi)filosofica sul ruolo della cultura
Siamo tutti demiurghi?
Il filtro della cultura nei rapporti umani
Mirko Giordani | 24 aprile 2013
L?uomo non è uomo per caso, ma c?è una causale che lo rende tale, e ciò è noto a tutti. Essa risiede nella razionalità, nel libero pensiero, cioè nella possibilità di vivere la propria vita superando i semplici e primitivi schemi del mondo animale, costruendo ed elaborando cultura. Senza addentrarci troppo in sotterfugi filosofici, la cultura è negli uomini in un certo senso innata, basti pensare ai semplici precetti dei nostri genitori, che fin dai primi anni di vita instillano nei figli quegli elementi basilari di convivenza civile che, pian piano assorbiti ed interiorizzati, segneranno per sempre la loro esistenza futura. La cultura del bambino, ancora ferma agli elementi primigeni, viene elaborata da una ristretta cerchia di persone, identificate con le figure materna e paterna. Supponiamo che questi genitori trasmettessero al bambino principi, cioè cultura, totalmente discordanti rispetto alla cultura dominante che li ospita: ebbene abbiamo di fronte degli stolti oppure dei demiurghi. Ma ben sappiamo che il demiurgo platonico creò il mondo modellandolo secondo le idee. Ebbene chi elabora nuova cultura, sia esso un filosofo o il genitore, lo fa sempre gettando le basi su quella vecchia, capovolgendone però, al contrario del Demiurgo, la visione. Vi può essere un capovolgimento integrale, cioè una totale sostituzione delle premesse, oppure un diverso approdo finale, cioè delle diverse conseguenze. Nel primo caso, le cause che ne derivano vengono dedotte in negativo da ciò che si intende sostituire. Nel secondo invece vi è un atteggiamento mentale differente nel porsi rispetto alla causa. Comunque sia, vi è sempre un rumore di fondo da quale si attinge, nei modi sopracitati, per produrre cultura. Essa non si crea, è emersa pian piano da millenni di civiltà, non si distrugge, ma si trasforma. La cultura infatti è innanzitutto storia. La storia ci insegna infatti che in quei luoghi dove si è sviluppata la cultura, ebbene là ora vige la libertà. Qualcuno potrebbe dire - e non avrebbe tutti i torti - che la cultura apportata dai vari Socrate, dagli Stoici o da Catone Uticense, veri e propri maestri della libertà, non rispecchi la società loro contemporanea. Vero, ma per rispondere basterà parafrasare Seneca: il saggio già fa molto poiché parla di principi validi. Possiamo quindi dedurre che la diffusione della cultura non porta ad un immediato avanzamento sociale, i suoi tempi sono di gran lunga più precoci rispetto a quelli della società e della politica. Causa principale di questo ritardo è da imputarsi al fatto che la cultura impiega molto tempo per arrivare dagli strati di élite fino ai sostrati,le cosiddette classi intellettualmente inferiori. Ma quante volte nella storia una presunta ?superiorità culturale?, vera o fasulla che fosse, ha portato interi imperi e nazioni ad arrogarsi il diritto di portare le loro verità ai popoli inferiori, con il solo scopo della conquista e della razzia! Lo stesso succede nei rapporti intrecciati dagli uomini con i loro simili. Un?elevata cultura è sicuramente un ottimo strumento per dei rapporti umani che la presuppongono, è ovvio. Ma quando la cultura diventa mero intellettualismo, culturalismo e soprattutto rigidità mentale, il rapporto tra uomini non è più schietto e fresco. La cultura non consiste solo in conoscenze, essa viene introiettata e riemerge non solo durante un colloquio di lavoro o per una tesi di laurea, ma anche nelle più normali delle situazioni, spingendoci a comportarci in modi predeterminati, non naturali. Essa così diviene filtro, ogni nostra azione è mediata da un retroterra culturale primigenio, cioè quello dei nostri genitori per capirci, e da quello che nel corso degli anni abbiamo costruito intorno a noi. Ed i rapporti umani ne pagano le conseguenze: non sono più le nostre più intime coscienze a confrontarsi, ma si pone tra le due il filtro della cultura, che alza barriere di incomunicabilità così alte che si va pian piano perdendo ogni elemento di schiettezza e freschezza del pensiero. Ciò non implica una totale abdicazione della cultura in favore di una rozzezza primitiva, sarebbe un passo indietro imperdonabile, ma una presa di coscienza che questo filtro esiste, eccome.
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