Cinema e Teatro
Il cielo brucia: film a metà tra l'analisi di una solitudine e un racconto ecologista
In occasione dell'uscita in sala del film Il cielo brucia il 30 novembre, ecco la recensione di Zainet
Tommaso Di Pierro | 30 August 2024

Il cielo brucia

Quattro ragazzi si ritrovano in una casa vicino al Mar Baltico circondata dal bosco. Uno di loro, Leon, scrittore in crisi in attesa dell'arrivo del suo editore, è intento a scrivere il suo secondo romanzo, ma avrà ben due distrazioni: la bellissima Nadja, ospite insieme a lui dell'amico Felix, e gli incendi intorno a lui, che stanno lentamente consumando il bosco.

La solitudine che ci portiamo dentro 

Dopo Undine - Un amore per sempre (2020), il secondo film della trilogia della solitudine di Christian Petzold è incentrata sull'elemento del fuoco, dopo che Undine era basato su quello dell'acqua e come nella "trilogia dell'incomunicabilità" di Antonioni, per i personaggi di questo film, soprattutto per il protagonista, comunicare è difficile. Chiuso nel proprio dolore e nella convinzione di aver scritto un romanzo pessimo, il giovane Leon vive un tormento esistenziale che nemmeno Nadja, di cui è innamorato, o la bellezza della natura intorno a lui riescono a sanare. Una natura, di per sé, per nulla sana, ma anzi malata e scossa dagli incendi che la deturpano. Leon, metafora di quella natura, brucia dentro di rabbia e malessere, risultando irritante ed egocentrico, non rendendosi conto di ciò che accade intorno a lui e non considerando quanto il male che c'è nel mondo sia infinitamente più grande rispetto a quello che si porta dentro.

Un film visivamente perfetto, ma...

Il cielo brucia appare come un film esteticamente perfetto, ma contenutisticamente parlando il risultato finale appare perplesso ed incerto, dove l'analisi di una solitudine prevarica quella del racconto ecologista, tematica esplorata troppo poco e in maniera discontinua. L'intento comunicativo del regista quindi, la cosiddetta morale del film, non si capisce fino in fondo e l'elemento fulcro del fuoco rimane sfuggevole e poco approfondito rispetto a quello dell'acqua in Undine, dov'era reso centrale. La pellicola resta comunque apprezzabile per il suo approfondimento sulla solitudine e sulla difficoltà della comunicazione nei rapporti, soprattutto quelli d'amicizia e d'amore, aspetti in cui molti potranno facilmente identificarsi, ma sembra che a mancare sia comunque un pezzo che poteva essere esaminato con maggior dettaglio. Che fosse intenzione del regista dare maggior spazio alla solitudine tenendo l'elemento del fuoco come semplice contorno? È una visione anche questa: ai posteri l'ardua sentenza

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