Scuola
Riforma Valditara, la posizione degli studenti del liceo Classico Socrate
L’opinione dei giovani reporter di Zainet sulla riforma relativa agli istituti tecnici e professionali
Caterina Ferrucci e Filippo Martellacci | 5 marzo 2024

All’inizio di quest’anno scolastico, il ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha presentato una proposta di riforma dell’istruzione, riguardante gli istituti tecnici e professionali ed il voto in condotta. La riforma prevede la riduzione dei percorsi formativi, che verranno ridotti da 5 a 4 anni; aumenteranno anche le ore di P.C.T.O (percorsi per le competenze trasversali e orientamento) svolte dagli studenti, che inizieranno l’alternanza scuola-lavoro sin dal secondo anno.

Da Settembre del 2023 la riforma è stata approvata al Senato. “Si tratta di una riforma molto attesa dalle scuole e dal mondo produttivo e in cui questo governo crede fortemente” afferma il ministro in un comunicato del M.I.M. il 31 gennaio 2024.

Il primo articolo della riforma sia apre con: ”Al fine di rispondere alle esigenze educative, culturali e professionali delle giovani generazioni e alle esigenze del settore produttivo nazionale secondo gli obiettivi del Piano nazionale “Industria 4.0”, è istituita, a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2024/2025, la filiera formativa tecnologico-professionale”

Capiamo quindi che la volontà di sottomettere la scuola al mondo del lavoro, processo di fatto in atto già da decenni, è palese. Ma siamo convinti che sia la direzione giusta?

I dati a nostra disposizione parlano chiaro quando ci dicono che la qualità formativa degli istituti tecnici e professionali è inferiore a quella dei licei, come appunto viene evidenziato dal rapporto invalsi 2022: “la distanza complessiva in termini di risultato tra gli studenti dei licei classici, scientifici e linguistici e quelli dei professionali è di 31,2 punti, quasi pari all’apprendimento corrispondente a due anni di scuola”; In questo modo la riforma non si preoccupa di adeguare i centri di istruzione professionali ad un percorso di studi che permette di apprendere le discipline di base, andando così ad annullare le disparità venutasi a creare tra scuole di serie A e scuole di serie B, ma di insegnare agli studenti un mestiere ben preciso, annullando la funzione emancipatrice della scuola e la possibilità di intraprendere un percorso di studi più elevato.

Le scuole pubbliche saranno quindi asservite alle industrie, lo scopo non sarà più quello di formare gli studenti ma di sviluppare determinate competenze lavorative specifiche, con il fine ultimo di sgravare le aziende dai costi di formazione e fornire un maggior numero di lavoratori in minor tempo possibile.

Esempi delle carenze del nostro sistema scolastico, didattiche e strutturali, sono all’ordine del giorno sotto gli occhi dei ragazzi e delle ragazze che quotidianamente vivono le scuole: finestre rotte, controsoffitti che cedono, strutture vecchie e non ammodernate e molto altro; è proprio per questo che durante il primo quadrimestre e già all’inizio del secondo, gli studenti e le studentesse sono scesi in piazza per manifestare contro l'approvazione della riforma, che non pone al centro la formazione personale e culturale degli individui ma mira a stringere il rapporto tra scuole e aziende locali; quest’ultime detengono molta influenza sugli istituti scolastici, tanto che la riforma prevede anche che i privati appartenenti alla aziende, con nessuna competenza pedagogica, possano insegnare nelle classi prendendo il posto dei professori.

La seconda parte della riforma si propone di modificare il voto in condotta e “mira a ripristinare la cultura del rispetto e l’autorevolezza dei docenti, assicurando un ambiente di lavoro sereno per il personale scolastico e un percorso formativo efficace per gli studenti”. Per raggiungere tale obiettivo il ministro propone, nel caso in cui il voto in condotta sia pari a sei, “un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale da trattare in sede di colloquio dell’esame conclusivo del secondo ciclo”, cioè un vero e proprio debito in educazione civica. Parallelamente al debito di educazione civica viene presentata una riforma dell’istituto della sospensione: un massimo di due giorni comporterà il coinvolgimento dello studente in attività di approfondimento sulle conseguenze dei comportamenti che hanno determinato il provvedimento disciplinare; mentre, invece, l’allontanamento dalla scuola di durata superiore a due giorni comporta lo svolgimento di attività di “cittadinanza solidale” presso strutture convenzionate con le istituzioni scolastiche. Tali attività, se deliberate dal consiglio di classe, possono proseguire anche dopo il rientro in classe dello studente, secondo principi di temporaneità, gradualità e proporzionalità.

Altra introduzione della riforma sarà la norma che permetterà solo a coloro che otterranno 9 o 10 in condotta di avere diritto al massimo dei crediti scolastici, influenzando il voto finale di Maturità.

L’ultima novità sarà che La bocciatura per voto 5 in condotta sarà applicata anche per gravi e reiterate violazioni del Regolamento di Istituto, non solo per gravi atti di violenza o reati.

Tutte queste norme nascondono, sotto la scusa di ripristinare il rispetto, tema molto caro alla destra italiana, la volontà di reprimere ancora di più e limitare gli spazi degli studenti che tentano di ribellarsi contro un sistema nel quale non si sentono rappresentati.

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