Francia-Croazia: il degno epilogo di un Mondiale indimenticabile
Roberto Bertoni | 16 July 2018

Un Mondiale indimenticabile, questo di Russia 2018, all'insegna del bel gioco, di tanti, tantissimi gol, di una finale pirotecnica come non la si vedeva addirittura dal '66 (4 a 2 proprjo come allora fra Inghilterra e Germania Ovest) e della sovversione di antiche e consolidate gerarchie dome quella che voleva Messi e il neo-juventino Ronaldo alla guida del calcio globale. Invece no: dal torneo russo sono emersi nuovi protagonisti, destinati a durare almeno un decennio e a scrivere pagine straordinarie della storia del calcio. Pensiamo, ad esempio, a Kylian Mbappé, vent'anni il prossimo 20 dicembre, serissimo candidato al pallone d'oro e punto di riferimento di una Nazionale aperta e multietnica quanto e più di quella che vinse in casa nel '98Modrić, invece, non ha ancora un decennio ad alti livelli davanti a sé, ma non c'è dubbio che abbia disputato un Mondiale da favola, al pari di una Croazia cui si può solo dire grazie per l'impegno profuso, la passione dimostrata e la civiltà con cui ha accettato una sconfitta che brucia il doppio, essendo ben coscienti gli uomini di Dalić che, forse, un'occasione del genere, forse, non ricapiterà mai più ad un paese di poco più di quattro milioni di abitanti. 

Tornando ai transalpini, Deschamps eguaglia Zagallo e Beckenbauer, aggiudicandosi il torneo iridato da allenatore dopo averlo conquistato da capitano vent'anni fa. E poi c'è Pogba, autore del terzo, decisivo gol francese, il quale ha finalmente dimostrato di non essere solo una grande promessa e uno strepitoso uomo immagine ma anche un fuoriclasse  completo e destinato, al pari di Mbappe, a egemonizzare il prossimo decennio. E che dire della roccia Matuidi e del talentuosissimo Griezmann? E dell'astro nascente Pavard? E di Varane, che in pochi mesi si è portato a casa Champions e Mondiale? L'aspetto incredibile di questa Francia è che non è una squadra a fine ciclo ma una compagine che potrebbe davvero dominare per dieci anni, un po' come successe al Brasile nel periodo aureo di Pelé. Certo, è presto per accostare il fenomeno di Bondy al mito brasiliano, ma guai a sottovalutare la classe sopraffina di un diciannovenne che ormai è considerato, a ragione, il degno erede del duo Messi-CR7, scavalcando pure Neymar nella classifica dei campioni assoluti. 

Non devono, tuttavia, avere rimpianti i vari ModrićRakitić e Mandžukić: il loro è stato un Mondiale da applausi e non hanno nulla di cui rimproverarsi.

Lascerei, poi, perdere il discorso strettamente politico sul presunto nazionalismo sovranista dei croati: che le guerre balcaniche abbiano lasciato segni indelebili su un popolo che si è visto proiettato improvvisamente al centro di una catastrofe epocale è fuor di dubbio ma che giocatori che militano nei principali campionati del Vecchio Continente possano coltivare il mito delle frontiere chiuse, sul modello del Gruppo di Visegrád, la considero un'offesa gratuita e un insulto all'intelligenza e al buonsenso. 

Ha visto la Nazionale migliore, la più forte, quella che può permettersi anche di non convincere, tanto vince uguale, grazie alla forza dei suoi singoli e alla coralità di un gioco che a tratti rasenta la perfezione per efficacia e concretezza. 

Da questo punto di vista, è innegabile che Deschamps abbia beneficiato e continui a beneficiare di quello stile Juve che lo ha forgiato, come uomo eccome professionista, da ragazzo. 

Il suo gesto di andare ad abbracciare e a rincuorare i giocatori croati, distrutti e amareggiati a fine partita, è poi l'emblema di una sportività limpida, sincera e, al giorno d'oggi, estremamente rara. E allora chapeau, monsieur Didier! In silenzio e senza proclami, hai costruito una macchina perfetta. E ora che sei sul tetto del mondo puoi anche concederti un sorriso, prima di rimetterti, diligentemente, al lavoro. 

Grazie Russia: è stato meraviglioso. 

 

P.S. Complimenti al Belgio che sabato, grazie alle reti di Meunier e Hazard, ha avuto la meglio sull'Inghilterra nella finale per il terzo e quarto posto. Anche di molti ragazzi Diavoli rossi sentiremo parlare ancora a lungo, il che è un bene per tutti e per il calcio e lo sport in particolare. 

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