Attualità
Normalizzare la guerra: la strategia a cui non dobbiamo credere
Parlare della guerra come qualcosa di banale e vicina: ecco perché non dovremmo credere alla strategia della normalizzazione
Giorgia Alagna | 2 maggio 2025

“Comincio ad avere sempre più l'impressione che l'epoca nostra assomigli paurosamente agli anni che hanno preceduto lo scoppio della prima Guerra Mondiale, nel 1914 [...]. L'opinione pubblica intossicata, sentendo parlare continuamente della prossima guerra e dei malvagi nemici che ci minacciano, ha cominciato a chiedere sicurezza, armamenti e alleanze”. Così lo storico Alessandro Barbero alla manifestazione contro il riarmo del mese scorso.
E in effetti, quella di parlare di guerra è l’abitudine più inquietante alla quale stiamo assistendo in questi mesi. Quasi a normalizzare l’idea che da un momento all’altro possa terminare l’epoca della pace per l’Europa.

È un processo inquietante, guidato innanzitutto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che senza giri di parole ha dichiarato che “l’era del dividendo di pace è finita da tempo’’, e non si potrà più fare affidamento ai sistemi di sicurezza che prima venivano dati per scontati. Apparentemente, la Commissione si sta impegnando nella massima sensibilizzazione dei cittadini, ma l’impressione è che si stia mettendo in atto una precisa strategia di normalizzazione di quello che nessuno dovrebbe più considerare normale: la guerra. “Dobbiamo osservare il mondo così com’è, e dobbiamo immediatamente agire per fronteggiarlo’’ ha sostenuto von der Leyen, nel corso del suo intervento presso la Royal Danish Military Academy a Copenaghen, dichiarando che l’Europa è pronta a farsi avanti: la responsabilità del continente deve essere quella di cogliere questa situazione per costruire quella che lei definisce “una maggiore solidità e integrità”. Già con l’iniziativa “Readiness 2030’’, d’altronde, è stato messo in piedi un vero e proprio piano per migliorare la posizione di difesa dell’Europa, che prevede l’aumento delle spese difensive, la necessità di investire in infrastrutture militari, l'importanza di continuare a sostenere l’Ucraina e il rafforzamento della base industriale europea attraverso l’introduzione di nuove tecnologie.

Pronti a tutto, questo deve essere il nuovo stile di vita europeo’’ : si tratta della didascalia di un video pubblicato sui social dalla commissaria europea per la preparazione e gestione della crisi Hadja Lahbib, che lancia un messaggio inquietante, mentre con un sorriso tra l’ironico e il grottesco mostra i beni di necessità che il kit di sopravvivenza dei cittadini europei deve contenere, per consentirci “di salvarsi per 72 ore”. Sembra uscita direttamente da un film distopico, eppure è realtà.
Secondo gli eurodeputati, l’UE ha l’enorme necessità di mettere al primo posto l’incolumità dei propri abitanti: per questo motivo, il 2 aprile scorso, il Parlamento ha approvato la relazione sulla politica di difesa e sicurezza comune, con l’obiettivo di “responsabilizzare” (o piuttosto “abituare”?) le persone ai possibili rischi di un’ipotetica situazione di guerra: è prevista l’introduzione di programmi di sensibilizzazione (o piuttosto “indottrinamento”?), specialmente tra i giovani, al fine che possano avere una maggiore comprensione e rendersi conto delle minacce. In particolare, si tratta di un documento che si sviluppa in diversi punti: tra i fondamentali, ritroviamo l’approvazione del piano istituito da Ursula von der Leyen, che prevede l'aumento delle spese destinate alla sicurezza e maggiori investimenti in spese militari e intende rafforzare i rapporti tra UE e NATO, al fine di sviluppare “migliori capacità di produzione industriale per la difesa europea”.

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