Attualità
1 milione di persone a Roma per protestare contro il genocidio a Gaza
Da Porta San Paolo a San Giovanni 1 milione di persone hanno calpestato le strade di Roma a ritmo di musica e solidarietà
Gaia Canestri | 5 ottobre 2025

Ieri, sabato 4 ottobre, a Roma si è riunito uno dei cortei più grandi d'Italia dall'inizio del genocidio a Gaza. Alle 14:30 la testa del corteo si è mossa, e mentre intorno alle 16:00 la piazza di San Giovanni era già piena la coda del corteo bloccava ancora Ostiense. Quella di sabato è stata una manifestazione che sa di storia, non perché ne hanno scritto tutti i giornali e perché la leggeremo sui libri nel prossimo decennio, ma per l'odore nell'aria di resistenza e voglia, anzi necessità, di non dimenticare il passato. Dai gradini più alti delle Istituzioni che rappresentano il nostro Paese si grida alla furbizia e alla voglia di saltare il lavoro, di godersi il weekend lungo e approfittare di una drammatica situazione per fare casino qua a là, rompere vetrine e cose di questo genere. Ma ieri, camminando al fianco di bambini e di chi la resistenza l'ha fatta davvero, non c'è stato nulla di tutto questo.

C'erano, piuttosto, lavoratori che pur di far sentire la propria voce sono disposti a perdere soldi, il più delle volte preziosi e indispensabili; perché a differenza di parlamentari e senatori spesso assenteisti ma comunque ben retribuiti, il resto delle persone che lavora ma sciopera rinuncia a una parte di stipendio che per molti è già esiguo.

C'erano anziani seduti sui muretti di Via Piramide Cestia, qualche coraggioso nel corteo, chi con il cagnolino al seguito, chi con una bandiera in mano e chi semplicemente con ciò che di più prezioso ha: la sua memoria, oggi più che mai un bene prezioso. 

C'erano i genitori con i figli sulle spalle, che cantavano e gridavano "giù le mani dai bambini". Una bambina ha un cartello nelle mani: "sono bambini con noi", un'altra ha un disegno pieno di colori che dice "viva la pace", altri cantano e ballano con i genitori; i più attivi corrono e giocano sotto le grandi bandiere con i colori della Palestina che sventolano alte e basse (un po' come quando da piccoli mamma e papà ci facevano giocare sotto le lenzuola mentre le piegavano).

C'erano tante persone che non parlavano neanche l'italiano: chissà cosa pensa un turista che si ritrova bloccato in una delle manifestazioni più grandi degli ultimi anni. Me li immagino a pensare a quanto sia bella l'Italia, quanto siamo coraggiosi a essere così rumorosi di fronte a un governo tanto silenzioso; e allora mi sento fiera di far parte di questa fetta del popolo e per un attimo mi sembra che il nostro Paese sia bellissimo e che possa essere un grande esempio per il mondo.

C'erano i ragazzi "con il cervello assopito e rinsecchito dal telefonino e dall'intelligenza artificiale". Sarà che sono una di loro, ma vederli così numerosi, così vicini tra loro, così arrabbiati ma gentili mi ha fatto tenerezza. Forse non siamo la generazione peggiore che esista, anzi, forse siamo la generazione più viva che esista da tempo. Lo vedo tutti i giorni quando salgo i gradini di scienze politiche e leggo negli occhi dei miei coetanei la voglia di prenderci il posto che ci spetta nel mondo: quello di chi scriverà il futuro e, al contrario di quanto si dica, ha voglia di scriverlo attivamente con le azioni e le parole.

Ieri un milione di persone ci hanno insegnato che la disobbedienza civile, gentile e pacifica, è ancora il motore della nostra società

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