Attualità
L’Italia del Papi. Sogni di gloria fin troppo facili
Ciak, si giri! Così le vedo le gambe
Presunte raccomandazioni, strani accordi e sorrisi di plastica: una reporter di Zainet ci svela i retroscena di un concorso per aspiranti attrici dove il talento sembra essere l’ultimo dei requisiti
Serena Mosso | 14 ottobre 2011
“Sorridete, ragazze, sorridete! Il pubblico vuole vedere la gioia! E anche i registi, sennò non vi prenderanno mai a lavorare!”. Se qualche ragazza che ha iniziato a leggere questo articolo si stesse chiedendo come fare a diventare una grande attrice o una brillante personalità del mondo dello spettacolo italiano, si metta subito l’anima in pace. Si scordi la “Silvio D’Amico”, o qualunque altra accademia prestigiosa di recitazione: non importano poi così tanto l’allenamento, lo studio: fondamentale, lo dicono gli esperti, è “sorridere”.
Ma chi sono questi esperti? La massima di alta saggezza proviene direttamente dalla cena di gala di un noto concorso italiano per aspiranti attrici, una specie di Miss Italia del grande schermo, ma con meno risonanza mediatica.
Facciamo un passo indietro: fine settembre 2011, quattro giorni da ricordare come esempio di deprimente organizzazione “all’italiana”. Oltre settanta ragazze ammassate in un Grand Hotel a 4 stelle, (solo sulla carta), tutte col “sogno nel cassetto” di diventare attrici o donne di spettacolo. La maggior parte delle partecipanti è costituita da minorenni accompagnate dai genitori, alcune addirittura di 13 anni.
Il programma del concorso prevede quattro giorni full immersion con lezioni di portamento, posa fotografica e televisiva, trucco, provini per produzioni. E poi la grande sorpresa: le riprese per un film di prossima uscita. Morale della favola? Il portamento non s’è mai visto, se non due ore prima della messa in onda in diretta della finalissima: potete immaginare quali grandi lezioni possano essere state impartite in un quel lungo lasso di tempo. Alle tecniche di posa fotografica non è andata meglio: una decina di scatti per un discutibile book che, secondo il programma, sarebbe stato consegnato a casa entro un mese dal concorso e che con buona probabilità possiamo immaginare non arriverà mai. Per non parlare del trucco: 2 truccatrici e 2 parrucchieri per 75 ragazze! C’è chi alla diretta televisiva della finale è arrivata facendosi addirittura il make up da sola. Insomma, di full immersion c’è stato ben poco: ma in fondo quali grandi ed elevati insegnamenti ci si può aspettare da un concorso all’insegna del “sorridere”? Per tutta la durata della kermesse sembrava che “il sorriso di plastica” fosse l’unico passepartout per la celebrità. Sorridere sempre e comunque, perché la gente vuole immagini rassicuranti e non pensare ai propri problemi. Sorridere per anestetizzare: un film già visto da qualche parte ultimamente.
Per fortuna qualche addetto ai lavori (il coreografo, uno dei fotografi) si distingue per professionalità e serietà e sembra estraneo a questa logica, avvertendo le ragazze: “Vi servono lezioni di dizione, recitazione, fonetica, iscrizione all’ENPALS. Senza talento e studio sarete solo semplice meteore”. Il resto dell’organizzazione? Impegnata a distribuire bomboniere, immancabile ricordo alle “miss”; fa partire applausi davvero spontanei “alle mamme che vi accompagnano nel vostro sogno” e raccomanda ogni due per tre: “Sorridete”. Insomma, la fiera del luogo comune smielato e al tempo stesso cinico.
Ma il meglio deve ancora venire: la cena di gala ha in serbo altre simpatiche sorprese, nel puro stile “Italia del Papi”. Finora c’era stata un po’ di disorganizzazione, superficialità e poca serietà, ma è in questa serata che abbiamo la fortuna di toccare con mano meccanismi “poco chiari”. Ecco che tre tra le più oche delle “miss” (lo dimostreranno in quelle rare volte che sarà dato loro il microfono durante la diretta) si siedono con nonchalance al tavolo del regista del concorso e di altri “grandi capi” della competizione. Un’amica degli organizzatori veramente senza arte né parte, solo miniabito e trucco volgare sulla bocca da cavallo, si avvicina con un sorriso naturalmente smagliante allo stesso tavolo con un’altra ragazza e apostrofa il regista con un ammiccante: “Te la posso affidare?”. E così aggiungi un posto a tavola che c’è una miss in più! Dopo gli immancabili sorrisi e qualche conversazione di circostanza, ecco che regista e accoliti tirano fuori dei piccoli foglietti e scrivono qualcosa dettato loro dalle ragazze.
Il mistero si scopre il giorno successivo, quello della conferenza stampa: assenti, apparentemente ingiustificate, le stesse ragazze che la sera precedente avevano cenato con il regista, insieme ad un’altra decina di miss. Poco dopo si scopre che erano impegnate a girare il film: ma come? Non era in programma che tutte e 75 avrebbero partecipato alle riprese? Sì, è così, ma nell’Italia dei distinguo c’era da aspettarselo: le non privilegiate avrebbero preso parte al film, ma come mere comparse durante un’uscita in un grande magazzino che faceva da sponsor. Le prime ragazze, invece, appariranno più a lungo per scene di cui nessuno sapeva nulla. Strano, perché in realtà i ruoli sarebbero stati decisi da provini valutati da una giuria solo il giorno successivo. Pur supponendo l’esperto occhio critico del regista, resta oscuro il modo in cui abbia individuato le più talentuose e adatte al film. Film su cui, peraltro, gli addetti ai lavori professionali già citati esternano dei dubbi: “Per allestire un set di qualità ci vogliono molte telecamere, fotografi, fonici. Come hanno fatto a girare in esterno utilizzando soltanto una videocamera?”. Altro mistero.
Nel frattempo alcuni genitori cominciano a reclamare e a sospettare qualcosa. Qualche vago dubbio potrebbe averglielo instillato il fatto che le favorite del film viaggino non nel pullman collettivo, ma in un furgoncino col regista o una voce che serpeggia, secondo la quale la vincitrice avrebbe una parente nella giuria.
Epilogo con fuochi d’artificio. L’amica del regista parla al telefono con una miss giunta in ritardo al concorso dicendole: “Appena arrivi in hotel aspettami in sala, ti faccio fare subito le foto”. Quanta solerzia! Le altre hanno scontato tutti i problemi della disorganizzazione e ora, cotto e mangiato, ecco il servizio fotografico express.
Sarà una coincidenza, ma quella stessa ragazza risulterà la vincitrice assoluta della competizione, la sera dopo in diretta televisiva, con tanto di corona, fascia e coppa. Strano, perché quando le ragazze si sono finalmente presentate alla giuria per i provini, lei ha ammesso candidamente di non aver mai fatto recitazione. Altre concorrenti che frequentano già scuole di teatro, danza, canto hanno ricevuto fasce minori o addirittura nessun riconoscimento. E indovinate chi ha ricevuto i premi migliori dopo la vincitrice? Guarda caso proprio le prescelte delle scene del film.
Finiti i quattro giorni, preparo la mia valigia per tornarmene a casa. Sì, anche io ero tra le 75 aspiranti attrici. Avevo mandato le foto al concorso per puro caso, da un sito di spettacolo, e per puro caso ero stata selezionata. Partita senza aspettative, con l’unico intento di fare una nuova esperienza e osservare da vicino come funziona il mondo del cinema oggi. E anche di scriverci sopra qualcosa, per avvertire qualche ingenua ragazza meno disillusa di me che magari in questi concorsi ancora ci crede.
Ripongo i vestiti che ho usato per le foto e la diretta, sono appariscenti ma non volgari. Tutto il contrario di molti abiti che ho visto indosso alle altre: scollature eccessive, trasparenze rivelatrici di biancheria intima, lunghezze più adatte a vestiti da Barbie o da escort. Ricordo una ragazza che alla conferenza stampa e al pranzo dell’ultimo giorno si è presentata in pantaloni aderenti, bolero striminzito e sotto nient’altro che reggiseno rosso e pancia scoperta: un vero esempio di stile. Ho ancora stampata in testa la faccia di molte ragazze mentre si facevano fare i book: sguardo ammiccante, pose provocanti, mutandine in bella vista, dito in bocca e sguardo da mucca in calore.
Ripongo il mio bel libro di poesie di Keats, fedele compagno nei momenti morti del concorso. E mi torna alla mente un aneddoto di questi giorni, quando ho pronunciato il verbo “depennare” e una miss si è girata dicendomi: “Depennare? Ma che significa? È italiano?”.
Queste sono le aspiranti attrici italiane. Quelle del “sorridete, sennò non vi prenderanno a lavorare”.
Carica di dubbi e perplessità, chiudo la valigia e mi accorgo di aver lasciato fuori la lettera di presentazione del concorso, quella col programma e le informazioni sulla storia della manifestazione. E qui mi si svela l’arcano: da questa competizione sono uscite star del calibro di Valeria Marini e Mara Carfagna, attuale ministro delle Pari opportunità, che in questo caso (e ancora in molti altri) non sono state pari per tutte.
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