Cinema e Teatro
L’ultima settimana di Stefano
"Sulla mia pelle" di Alessio Cremonini, presentato al Festival di Venezia, racconta gli ultimi giorni di Stefano Cucchi, morto nove anni fa durante la custodia cautelare
Redazione | 1 ottobre 2018

Ci sono vicende più o meno facili da raccontare in un film: vite di grandi uomini, imprese memorabili, episodi fuori dall’ordinario e battaglie inaspettatamente a lieto fine. Poi c’è la storia di Stefano Cucchi, ragazzetto di periferia appassionato di boxe e fratello affettuoso dal volto magro, prima che vittima di un abuso di potere, di un sistema squallido e omertoso, della negligenza e dell’indifferenza umana. Una coproduzione Netflix e Lucky Red che si assume la responsabilità di portare sul grande (e piccolo) schermo uno degli episodi di cronaca nera più controversi degli ultimi anni, riuscendo efficacemente a superare le categorie e gli stereotipi, lasciando spazio al singolo e agli uomini, anche dove l’umanità sembra non poter sopravvivere. Presentato a settembre nella categoria Orizzonti al Festival del Cinema di Venezia, il film diretto da Alessio Cremonini incassa sette minuti di applausi vigorosi. Perché Sulla mia pelle convince. In primis per la magistrale performance di Alessandro Borghi, incredibilmente simile a Stefano in voce e sembianze ed eccellente interprete delle tante sfaccettature del suo personaggio, diviso tra debolezze e dipendenze in uno spaccato di vita quotidiana tragicamente sconvolto. Una narrazione di cento minuti che porta inevitabilmente lo spettatore a vestire i panni di Stefano, calandolo nel calvario di quella settimana di fine ottobre vissuta tra un carcere e l’ altro e nell’estrema solitudine di quella cella spoglia, dove il dolore di un corpo di quaranta chili arriva al punto di non avere più la forza di reagire. 

Sulla mia pelle non ha bisogno di violenze grafiche e scene sporche: l’evoluzione della vicenda passa attraverso i lividi, i rossori e le tumefazioni che costellano il viso emaciato del protagonista. Le atmosfere plumbee e opprimenti del film riprendono lo stesso filo conduttore, accompagnate da una colonna sonora sottile ma efficacissima nel sottolineare la drammaticità di alcune situazioni. La sceneggiatura di Cremonini non cade mai nelle generalizzazioni. Stefano non è un santo e le forze dell’ordine non rappresentano il male: non si inciampa nella banalizzazione della materia lasciandosi andare a inutili sentenze. Il racconto di Cremonini risulta privo di ipocrisia, riportando all’attenzione popolare temi difficili da affrontare, non prestando il fianco a quello scontro tra “fazioni” che si temeva alla vigilia dell’uscita del film. Sulla mia pelle è un film necessario nel panorama italiano e innovativo su diversi fronti, efficace come pochi nell’esortare lo spettatore a riflettere, confrontandosi con la propria capacità di empatizzare e meditando sul potere distruttivo dell’indifferenza.

Commenti