Cinema e Teatro
Dogville e la banalità del male
Il film di Lars Von Trier affronta il tema della malvagità insita in ogni essere umano
Andrea Vargiu | 28 maggio 2021

Nel 2003 il regista Lars Von Trier, con l’uscita nelle sale del film, ci ha fatto entrare nell’intimo paesino di Dogville per mostrarci la semplicità con cui il male si può presentare. Dogville è una immaginaria cittadina americana. Il film la rappresenta con una scenografia scarna e ridotta all’osso: case ed edifici privi di pareti che noi spettatori non possiamo vedere, ma che i personaggi della pellicola riescono a toccare e con cui riescono a interagire. Una vera e propria messa in scena teatrale, ripresa dalla mano perversa di Von Trier.

La trama

Grace, in fuga da una banda di gangster, si rifugia nel piccolo paese di Dogville. U.na volta accolta dai suoi abitanti nasce in loro il dubbio se sia conveniente o meno tenerla nascosta ulteriormente, data la pericolosità che tale gesto può comportare. Dopo un'assemblea e una votazione viene deciso che Grace può restare, e per sdebitarsi decide di aiutare gli abitanti con le piccole faccende e commissioni. Il tempo passa e la conoscenza tra la donna e i cittadini aumenta e si consolida sempre più, ma a destabilizzare le cose è l’arrivo di un poliziotto che affigge un manifesto in cui si dice che Grace è ricercata. Ennesima assemblea e votazione per decidere il da farsi: ne viene fuori che la donna potrà continuare a stare lì ma dovrà aumentare il numero di lavori da svolgere all’interno della comunità.

Piano piano inizia la lenta ascesa del male nei cittadini di Dogville che la costringeranno, tramite il ricatto (la minaccia di denunciarla alla polizia), a farle passare ogni genere di umiliazione fino ad arrivare a gesti più gravi come la violenza sessuale sistematica. La donna tenta di scappare, fallendo, e una volta riportata in città viene ideato un sistema anti fuga, che consiste nell'attaccare, tramite un collare di ferro, un campanello al collo di Grace, così da riuscire sempre a sentire i suoi spostamenti. Il collare è collegato con una catena a una robusta e pesante ruota di metallo, in modo che le sia possibile spostarsi (in maniera difficile e lenta) solo su un terreno piano, come quello della cittadina di Dogville; un vero e proprio processo di deumanizzazione.

La banalità del male

Uno dei punti cardine dell’opera è la crescente malvagità che si manifesta gradualmente nei confronti di Grace da parte degli abitanti. Malvagità che trova una fittizia legittimità per via della condizione di “ricercata”, e quindi di fuorilegge, di Grace. L'intento di Lars è di rappresentare l’intrinseca banalità del male che risiede in ogni individuo. Come ha dimostrato Hannah Arendt, al processo Eichmann, il male è presente ovunque e in tutti noi, e a farlo uscire sono le circostanze e i contesti in cui siamo coinvolti. “Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale,né demoniaco né mostruoso”, queste sono le parole che usò la Arendt per descrivere Eichmann, descrizione raccapricciante e spaventosa per il semplice fatto che può essere affibbiata su qualunque essere umano.

I cittadini di Dogville non sarebbero mai sospettabili di azioni orrende e criminali come quelle che hanno fatto passare a Grace, eppure le hanno compiute, non perchè fossero esplicitamente malvagi, ma perché erano persone, e in quanto tali si portavano dietro il bagaglio dormiente del male, che attende solo la giusta situazione per svegliarsi.

 

Foto: Dogville | Instagram: @larsvontrier_

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