Cinema e Teatro
Amore, morte e potere
La tragedia dietro il velo
Il regista Luca De Fusco sceglie per la sua versione di Antonio e Cleopatra, in scena allo Stabile di Genova dal 18 al 23 marzo 2014, un’atmosfera tutta particolare
Alessio Semino | 14 marzo 2014
Quanto Shakespeare, come autore teatrale, è riadattabile ai nostri giorni?
Non tutto: ci sono delle cose sublimi che ancora oggi sono straordinarie, e altre parti che hanno subìto inevitabilmente l’usura del tempo. Se devo dare un giudizio personale, trovo francamente più deboli le parti comiche, mentre considero ancora vitalissime quelle tragiche.

Leggendo la presentazione al suo spettacolo si percepisce quanto lavoro ci sia stato dietro, un vero e proprio labor limae…
Sì: abbiamo eliminato nello specifico tutto l’intrigo che precede lo scontro finale. Lo abbiamo fatto per necessità, perché il pubblico non è più disposto ad assistere a uno spettacolo di sei ore, la durata che avrebbe il testo di Shakespeare rappresentato integralmente.

Quindi avete concentrato tutta l’attenzione sulla storia d’amore tra Antonio e Cleopatra?
Gli attori dicono spesso che ci siamo concentrati sulla storia d’amore, ma non è vero. Credo sia un tutt’uno inscindibile con la storia di potere fra Antonio, Cleopatra e Cesare. Abbiamo eliminato l’intrigo secondario, ma non il grande conflitto tra vita privata e vita pubblica che è uno dei temi principali del testo.

E come è stato tagliare un grande classico?
È affascinante quando si ha che fare con un grande capolavoro: ma devi stare attento a dove mettere le mani, perché è come muoversi in una meravigliosa cristalleria.

Ha riadattato a modo suo la Cleopatra di stampo shakespeariano o si è lasciato condurre il più possibile dalla forma che l’autore le aveva dato?
Noi non abbiamo aggiunto nulla, solamente tolto. Quindi siamo stati vicinissimi a Shakespeare nel testo: quasi nessuna parola è stata cambiata nelle battute.

Nella presentazione dello spettacolo abbiamo letto che “la tecnica rappresentativa mescola linguaggi e tonalità audiovisive. Vorrebbe spiegarci, come se lo spiegasse a dei profani, che cosa dobbiamo aspettarci una volta dentro il teatro?
Dovete aspettarvi un misto di teatro e cinema. Ho scelto di mettere un tulle nero, un tessuto che può essere al tempo stesso opaco e trasparente, a separare gli attori dagli spettatori. Si vedono in trasparenza i corpi, e a volte si vedono anche primi piani degli attori. Volevo dare l’idea che a parlare fossero frammenti di statue, o meglio abitanti di un mausoleo. Infatti la scena si apre e si chiude con un piramide di teschi.

Quindi amore, ma anche morte...
Esatto: il binomio Eros Thanatos qui è presentissimo, e la morte prevale sull’amore.

In questa storia la componente di autodissoluzione è preponderante: c’è quasi gioia nell’abbracciare la morte.
Insomma, assisteremo ad una storia d’amore avvolta in tinte fosche, in un’atmosfera quasi incolore, dove la parola assume un peso rilevante ed essenziale. Ci abbiamo “visto” giusto?
Sì: alla fine di questo giro del mondo tecnologico torniamo “al via”, alla pura parola di Shakespeare, con l’attore in evidenza e poca azione. Quindi è sì uno spettacolo moderno e tecnologico, ma al tempo stesso si torna alla primigenia ispirazione shakespeariana.

Come definirebbe in tre aggettivi la storia d’amore tra Antonio e Cleopatra?
Iperbolica, struggente e titanica.
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