Interviste
Paolo Bonolis a Zai.time: "Il politically correct? È l'intenzione non la parola che fa la scorrettezza"
Il conduttore è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Zai.time per rispondere alle domande dei giovani reporter tra comicità, calcio, Sanremo, politically correct e tanto altro
Serena Tersigni | 29 gennaio 2021

Ha fatto dell’arte della parola la cifra stilistica del suo modo di condurre, vanta una carriera televisiva spesa tra Rai e Mediaset, due volte conduttore e direttore artistico di Sanremo e tanti programmi di successo: Paolo Bonolis. Intervenuto in esclusiva ai microfoni di Chiara Di Paola e Riccardo Cotumaccio per la trasmissione Zai.time, in diretta nazionale su ML Network, ha risposto alle domande dei giovani reporter del primo network radiofonico partecipato dai ragazzi delle scuole superiori di tutta Italia.  


Quello che stiamo vivendo è un momento storico molto particolare, a soffrirne in special modo è soprattutto il mondo dello spettacolo. Come è cambiata la sua vita, lavorativamente parlando, durante la pandemia?

È cambiata molto perché ci sono delle difficoltà che tutti quanti conosciamo perfettamente, dei protocolli da seguire e quello che nello spettacolo era un momento di aggregazione, serenità e condivisone ne esce tumefatto, di conseguenza è tutto molto complesso. Poi ci sono registri di spettacoli differenti: i teatri vivono una difficoltà maggiore, il cinema è riuscito a continuare a lavorare in parte seppur con altrettante difficoltà, la televisione è forse più facile da realizzare ma viene meno comunque quello spirito di serenità e leggerezza che la contraddistingueva prima.

Con il Covid è aumentata la tv fai da te, su tutti il social Twitch. La tv generalista con il conduttore classico ci sarà tra venti/ trent’anni?

Tra venti/trent’anni non ci sarò neanche io quindi diciamo che il problema non me lo sono posto. Credo che le nuove generazioni si muovano evidentemente su altre piattaforme e quindi che abbiano un genere di comunicazione diverso dalla generazione che le ha precedute. La televisione generalista, classica è una televisione di contenuti estesi, laddove quella delle attuali piattaforme è di contenuti estremamente ristretti. Non vorrei che la ristrettezza del contenuto e la brevità dell’espressione trasformi tutto in un’impossibilità di racconto, questa è l’unica grande differenza.

Ha iniziato la sua carriera in tv giovanissimo, a soli 19 anni, conducendo trasmissioni per ragazzi. Si è subito contraddistinto per la sua velocità di oratore e ha ottenuto anche un record mondiale per questo. Che consiglio sente di dare ai giovani che si ritrovano oggi davanti ad un microfono a parlare ad una platea?

Soprattutto di conoscere, di leggere e di viaggiare perché gli argomenti che puoi immagazzinare nella tua conoscenza ti permettono dopo una maggiore fluidità del pensiero e della parola. Se devi lavorare con la comunicazione non puoi venir meno all’utilizzo cosciente, costruito, importante della lingua nella quale vai ad esprimerti, di conseguenza la lettura, i viaggi e lo studio per i ragazzi sono fondamentali, può sembrare una volgarità ma ripeto spesso ai miei figli ricordatevi che ogni cosa che imparate nella vita è un calcio in meno nel sedere che prenderete.
 

Tra un mesetto inizierà il 71° Festival di Sanremo, lei è stato conduttore e direttore artistico del festival per ben due volte. Nonostante la pandemia e tutte le restrizioni crede che ci sarà la stessa verve di sempre?

Spero che possano fare un bel Festival, è ovvio che queste restrizioni comporteranno dei cambiamenti di atteggiamento da parte di chi lo fa e di chi lo guarderà ma è anche vero che se ci sarà la furbizia e l’intelligenza di cavalcare con ironia la situazione potrebbe essere molto divertente. Resta il fatto che Amadeus, per quanto sia un eccellente conduttore, è la persona meno adatta a fare il Festival per come lo può vedere un interista, perché dopo aver invitato la fidanzata di Cristiano Ronaldo, ora quella di Morata, e anche Ibrahimovic è cancellato dalla mia lista dei fratelli nerazzurri.

Dove pensa che l’Inter possa arrivare quest’anno? E cosa ne pensa dell’episodio Lukaku-Ibrahimovic nel derby di martedì?

L’Inter può arrivare dove possono arrivare molte altre squadre del campionato italiano. Quando hai una società che ha fatto investimenti importanti nel corso del tempo ed ha costruito delle cose importanti è tuo diritto e dovere lottare per vincere, le partite ma soprattutto lo scudetto. È ovvio che a volerlo fare sono in tanti ma ce ne sarà solo uno che avrà ottenuto il risultato e gli altri che lo staranno a guardare. Riguardo la polemica di Lukaku-Ibrahimovic chi ha giocato a calcio sa che in campo ad un certo punto vengono meno alcuni freni inibitori sono cose che possono capitare, sono successe tantissime volte anche da parte, come questa volta, di uomini che sono fondamentalmente delle persone straordinariamente perbene. Viene un po’ meno l’ossigeno, l’adrenalina aumenta i giri ed escono fuori parole o atteggiamenti che altrimenti in qualunque altro contesto non sarebbero venute fuori, quindi come si suol dire sono cose di campo.

Tornando a Sanremo. Quando si ottiene la conduzione è più la paura di sbagliare o la motivazione di far meglio?

Per come sono fatto io è più la gioia di poter creare qualcosa che ti corrisponda appieno e che sia contemporaneo. Fare solo la conduzione francamente è poco interessante, il bello è ottenere anche la direzione artistica perché ti consente di poter confezionare e costruire un prodotto che deve essere rispettato nella tradizione ma contemporaneizzato rispetto all’epoca in cui viene fatto e questo è un progetto molto bello, un lavoro enorme. Quando ho condotto io il Festival c’era grande disponibilità da parte della Rai nel seguire le traiettorie che si volevano prendere, adesso forse un po’ meno perché un accordo Mediaset e Rai prevede che nella settimana sanremese i palinsesti si spengano e ci sia solo Sanremo. A fronte di tutto questo è ovvio che sia inutile investire tanto perché in televisione in quella settimana non c’è altro. Questo smorza un pochino gli entusiasmi di chi vorrebbe costruire qualcosa di diverso portando nell’evento qualcosa che non appartenga alla nostra quotidianità televisiva. Sono epoche differenti, mercati differenti della pubblicità, ragioni differenti aziendali e di conseguenza atteggiamenti differenti, comunque lo stanno facendo molto bene sarà un bellissimo Sanremo se sapranno cavalcare con ironia e garbatezza questa situazione che purtroppo riguarda tutti noi e quindi anche loro.

Fare comicità nella nostra società sta diventando sempre più difficile perché è soffocata continuamente dal politically correct. Quanto è fondamentale la comicità nella nostra società e anche nella sua vita?

Credo che una giornata senza un sorriso sia una giornata sprecata. Per come leggo io l’esistenza non ci vedo tutta questa importanza da non poterla vivere con assoluta leggerezza. Il politically correct fondamentalmente è una maschera dell’ipocrisia, un’affettazione del linguaggio e del pensiero che richiede un esercizio complicato di cosmesi della parola, per cui mi annoia profondamente. Un conto è il rispetto interpersonale, l’attenzione e la cura verso l’altro, un conto è l’atteggiamento che si dovrebbe assumere per coprire in realtà un pensiero ben diverso. Le trasmissioni che faccio, anche quella che ripartirà tra poco l’8 di marzo “Avanti un altro”, sono assolutamente politically uncorrect ma nei limiti e nell’attenzione del rispetto dell’altro, è tutto profondamente sciocco, è qualcosa che serve ad esorcizzare paure ancestrali ma non cambia il pensiero, è il modo non la parola che fa la scorrettezza. Con persone che conosco, che dovrebbero essere tutelate dal politically correct, ho un atteggiamento assolutamente scorretto ma giacché percepiscono il sentimento è l’amore che nutro nei loro confronti automaticamente non ha nessun peso ciò che dico o come mi comporto con loro perché è l’intenzione che può essere scorretta non la parola in sé. La parola sono suoni che assumono valore ma che hanno un’insignificanza assoluta rispetto all’intenzione.

Stand-up comedy. Può essere questa la forma di comicità del futuro?

Non è comicità del futuro ma una comicità che c’è sempre stata quella della stand-up comedy. Ci sono sempre stati monologhisti che si sono dati da fare nel saper costruire testi e interpretarli con allegria in chiave comica, in chiave satirica. Nel futuro ci sarà, leggermente modificato, semplicemente ciò che c’è stato anche già nel passato perché questa è la storia dell’umanità.

 

 

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