Interviste
L'esperienza a Pizzaut, il fumetto e la passione per il Giappone: Beatrice Tassone si racconta a Jolly Roger
La fumettista e ambassador delle politiche sociali di Coop Lombardia ha risposto alle "domande scomode" dei giovani speaker
Alessandra Testori | 7 novembre 2025
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Beatrice Tassone, ambassador delle politiche sociali per Coop Lombardia e cameriera volontaria da PizzAut, è conosciuta sui social e in televisione ma non solo: ha scritto un fumetto autobiografico, EssereBea, nel quale ha raccontato la sua storia di giovane donna autistica, albina e ipovedente.

 

Quali sono le tue passioni?

La mia più grande passione è il Giappone, io amo la lingua e la cultura giapponese. Il Giappone mi piace a 360 gradi, dalla cucina alla cultura alla vestizione del kimono. Amo talmente tanto questo paese da aver deciso di studiare la lingua da quasi otto anni e ormai lo parlo abbastanza fluentemente. Un’altra grande passione che ho fin da piccola sono i fumetti e i cartoni animati, sia giapponesi sia occidentali. E infine disegnare e, in generale, l’arte.

 

Cosa significa essere una persona autistica?

L’autismo è una neurodivergenza, cioè una mente che funziona in modo diverso. Le persone autistiche funzionano in modo diverso dalle neurotipiche, ma anche tra loro. Si parla infatti di “spettro autistico” perché ogni persona autistica è diversa: alcune sono più sensibili ai rumori, altre non amano il contatto fisico, altre ancora lo ricercano. In generale le persone autistiche hanno degli interessi speciali che le assorbono molto —nel mio caso, il Giappone e il disegno. Spesso questi interessi ci portano a sviluppare anche delle competenze, e possiamo arrivare a parlare della nostra passione per ore! Alcune persone autistiche hanno anche delle disabilità, infatti la condizione è divisa in tre livelli, in base al grado di supporto necessario: ci sono persone autistiche completamente autonome, mentre altre hanno disabilità relative alla sfera intellettiva e hanno bisogno di più aiuto nelle faccende quotidiane. Alcune persone autistiche sono “non verbali”, cioè non parlano o hanno difficoltà nel linguaggio, soprattutto da piccole. Io stessa da bambina ho avuto un lieve ritardo linguistico che grazie a un percorso terapeutico ho poi superato. Nel mondo ci sono davvero tante persone autistiche, ognuno di noi ne ha conosciuta almeno una nella vita. Anche per questo motivo cerco di fare informazione su questo tema: sono autistica io in prima persona, ho un fratello autistico e avendo frequentato per tanto tempo Pizzaut ho conosciuto molte altre persone nello spettro. Questo mi ha aiutata molto a capire di più. E poi ancora oggi c’è molta ignoranza su di noi e tanti stereotipi.

 

Nonostante le tue tre disabilità —autistica, albina e ipovedente— sei riuscita a produrre un fumetto interamente disegnato da te. Complimenti!

Il fumetto EssereBea parla della mia vita, io ho contribuito come disegnatrice ma è un prodotto di Coop Lombardia ideato da Silvia Amodio e sceneggiato da Marco Madoglio.

 

Per due anni hai lavorato da Pizzaut, un progetto di inclusione lavorativa rivolta a giovani ragazzi e ragazze autistici che offre un’opportunità professionale in cui sono impiegati nelle diverse mansioni in base alla predisposizione e alle competenze di ciascuno, cosa rara quando si tratta di disabilità. Continui a frequentarlo?

Sì, continuo a frequentare Pizzaut, anche se non lavoro più lì a tempo pieno ma vado a fare volontariato una volta alla settimana. Nonostante abbia cambiato lavoro (oggi sono addetta alla comunicazione visiva e ambassador di "Autism Friendly"), infatti, mi sono affezionata molto all’ambiente, ai miei colleghi e anche ai clienti. Oltretutto in questi ultimi tempi ho notato che Pizzaut ha ispirato molte realtà che cercano di fare inclusione sociale, creando posti di lavoro per persone disabili. Quando mi imbatto in queste associazioni mi piace condividerle sui miei social perché penso sia giusto dare loro visibilità, e anche perché spero tanto in un futuro di inclusione sociale, in un mondo più consapevole e aperto verso la disabilità.

 

Per me è molto difficile trovare un lavoro. Cosa mi consigli di fare?

Non saprei quale consiglio dare perché in Italia al momento il mondo del lavoro non è molto accessibile neanche per persone senza disabilità, soprattutto per i giovani. Molte aziende hanno pregiudizi verso i disabili perché pensano che non siamo utili. Io in realtà sono stata piuttosto fortunata, infatti ho trovato lavoro perché conoscevo Silvia, la fotografa ideatrice di EssereBea. Durante la lavorazione del fumetto mi sono avvicinata alla Coop, che poi mi ha assunta e mi ha mandato in distaccamento da Pizzaut. Si è trattato di una catena virtuosa, ma oggi è difficile. Il mio consiglio è più verso le aziende: non cadere nel pregiudizio per cui una persona debba essere abile o iperqualificata, ma concentrarsi sul fatto che abbia voglia di fare e di imparare.

 

Cosa hai fatto dopo la scuola?

Premetto che ho seguito un percorso scolastico molto particolare perché ho frequentato una scuola speciale, per disabili. In molti non condivideranno questa scelta ma io sono contenta, ho avuto un enorme supporto. Era una scuola professionale di quattro anni quindi non ho ottenuto un diploma, per cui ora posso lavorare ma non andare all’università. Quando sono uscita avevo due strade: o ripetere da capo le superiori per ottenere un diploma, oppure iniziare a lavorare. Prima di frequentare Pizzaut ho frequentato qualche corso di formazione organizzato dalle associazioni per disabili, ma poi ho avuto la fortuna di lavorare al fumetto subito dopo essere uscita da scuola.

 

Raccontaci qualche aneddoto del tuo viaggio in Giappone.

Ne ho fatti due, il primo tre anni fa quando sono andata con mia mamma, il secondo invece l’ho fatto con il governo. Ho avuto infatti l’opportunità di partecipare al programma INDEX promosso dalla Ministra Locatelli. La prima volta ho visitato le città famose, mentre la seconda volta ho avuto la possibilità di vedere il Giappone da una prospettiva nuova. Infatti non era un viaggio turistico, ma un’esperienza dedicata alla gestione della disabilità in Giappone. In effetti ci sono molte differenze: il Giappone è un paese molto accessibile, ci sono molte infrastrutture, ad esempio ogni strada ha i percorsi tattili per i disabili visivi, e molte zone sono percorribili dalle carrozzine. Una differenza grande rispetto all’Italia sono le scuole: spesso i disabili studiano in classi differenziate o in scuole speciali. Da un lato questo approccio può essere positivo perché le persone disabili sono seguite meglio da personale competente, tuttavia riconosco che non è un ambiente del tutto inclusivo. Infatti sono sempre dell’idea che le persone debbano abituarsi a rapportarsi con la disabilità e, in generale, con la diversità, ad esempio anche in ambito culturale.

 

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