Interviste
La cucina che non ti aspetti
Piaccio perché parlo come mangio
Chef Rubio, all’anagrafe Gabriele Rubini, ha un passato da rugbista e un presente ai fornelli, al timone di Unti e bisunti, in onda su DMAX, dove si cimenta in sfide culinarie per le strade delle maggiori città italiane. Perché non a Masterchef? Perch
Redazione | 23 ottobre 2013
Nel tuo sito si legge lo slogan “Viral gourmet cuisine”: cosa si intende con quest’espressione?
Alta cucina in maniera virale e dall’interpretazione intuitiva... No ai fronzoli e alle spiegazioni, perché se fatta con pochi semplici ingredienti, tutti possono arrivare a codificare il piatto e non servono istruzioni.

Come è nata l'idea di Unti e bisunti e come nasce una puntata?
Dal sottoscritto, da Pesci combattenti (società di produzione televisiva indipendente, ndr), da DMAX e da tutte le persone che hanno preso parte al progetto, inclusi i ragazzi che hanno realizzato il promo del programma. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare Giulio Magnolia, geniale regista del promo, e la sua troupe, mai citati finora.

Improvvisi durante le registrazioni?
Sempre, ma non lo potrei fare senza l’ausilio degli autori che mi danno la base su cui lavorare.

La tradizione del cibo di strada in Italia si sta perdendo?
Io posso dirvi di sì, ma non chiedetelo a me. Scopritelo con i vostri occhi. Non credete mai ad una sola fonte, verificate sempre e comunque.

Perché la pizza resiste sempre?
La pizza resiste perché è stata facile da mettere sul mercato, sia in patria che all’estero.
Ingredienti base semplici e economici… È sempre stata fonte di guadagno, sia per i bravi che per gli scarsi. Si mangia dal Polo Nord alla Nuova Zelanda. Che altro aggiungere?

Qual è la cosa più strana che ti è capitato di mangiare?
Caglio di capretto.

E di cucinare?
Paua: grossa orecchia di mare neozelandese dalla splendida conchiglia.

Il cibo può raccontare la storia di una persona, chi è veramente. E tu chi sei?
Beh ovvio, la pelle, l’adipe, i capelli, le unghie e tanti altri fattori possono indicarci se una persona mangia bene o male, se è sana oppure no. Persino l’odore ed il sapore della persona possono indicarci l’alimentazione seguita. Io sono quel che sono: figlio dei miei e ospite del mondo.

Perché il tuo programma piace ai ragazzi, secondo te?
Non lo so, posso provare ad indovinare. Perché parlo come mangio, mi adatto in base alla situazione.
E quel che traspare dalla trasmissione arriva loro non filtrato, senza inutili fronzoli o ipocrite buone maniere.

Ti ci vedi in un format alla Masterchef in cui tu sei giudice?
Masterchef è diseducativo, per gente sadica senza “quid”, che vive la vita altrui annichilendosi giorno dopo giorno. S’illudono le persone che possono diventare qualcuno in un campo dove non si diventa fenomenali neanche dopo 50 anni di duro lavoro e studio. Figurarsi dopo qualche puntata!

Con il tuo programma hai l’opportunità di conoscere tanti posti del nostro Paese: quale fotografia ne puoi trarre?
La fotografia che ne posso trarre è quella di un Paese dove chi cerca di mantenere i valori e la qualità arranca e viene schiacciato da chi invece vive nel nome del superficiale e dell’effimera estetica, dove ci si lamenta che va tutto male, ma non si fa nulla perché qualcosa cambi. Un Paese dove tutto fa tendenza, dove ci si culla nei successi altrui senza arricchire la propria coscienza e conoscenza.

Chi legge la nostra rivista è uno studente: consigliaci un menu per sopravvivere al peso della scuola!
Fumetto per aperitivo, teatro per antipasto, quotidiano come primo, libro per secondo, cinema per dolce.
Commenti